Forze interne e forze esterne
All’inizio del quinto secolo dopo Cristo, un uomo di nome Bodhidharma si stabilì sul picco Shaoshi del monte Song, una delle cinque grandi montagne cinesi, a circa 1500 metri di altezza sul livello del mare. Il paesaggio era ed è tuttora caratterizzato da altri sei picchi e da una foresta al cui interno è situato un tempio costruito pochi anni prima dall’imperatore Xiaowen per ospitare un maestro di meditazione giunto come Bodhidharma dall’India. Il tempio nella foresta di Shaoshi, o tempio Shaolin, diventerà negli anni successivi uno dei principali centri delle arti marziali cinesi. La leggenda narra che Bodhidharma trovò gli altri monaci indeboliti da anni di meditazione e così sviluppò le arti marziali che gettarono le basi del Kungfu Shaolin. Come andò realmente non è chiarissimo, ma quello che è certo è che la cultura del tempio Shaolin è un misto di arti marziali e buddismo Chan, un particolare tipo di Buddismo fondato sulla meditazione che otto secoli dopo avrebbe dato origine allo Zen giapponese.
Le arti marziali (Kungfu) del tempio di Shaolin sono considerate la massima espressione della filosofia buddista del tempio. Sono fra le più antiche arti marziali cinesi e sono considerate dei sistemi completi. Più in generale, le arti marziali cinesi hanno diversi metodi di classificazione, fra cui la più nota è forse esterne/interne. Sebbene la differenza più evidente sia che le prime sono esplosive e le seconde caratterizzate da movimenti lenti, la divisione è più politica che altro, e sta a indicare quelle provenienti dall’esterno e legate al Buddismo Indiano in contrapposizione a quelle interne, riconducibili al Taoismo cinese, fra cui il Tai Chi Chuan. Le une come le altre, però, sono fondate sul controllo della forza, dell’energia vitale, o del Qi, come lo chiamano i cinesi (quelle interne con un focus maggiore sulla mente).
Su questa forza vitale ci ho scritto un ebook in cui ho lasciato che i concetti del Qi, della Forza di Star Wars e della “pace” di Gesù Cristo cortocircuitassero fra di loro. Oggi invece mi premeva sottolineare come questa “forza”, presente in ognuno di noi, possa essere indirizzata diversamente a seconda dello stile praticato. Nel caso delle arti marziali cinesi, quelle esterne scaricano la forza generata sull’avversario, mentre le interne utilizzano la forza dell’avversario per contrattaccare, senza per questo essere difensive. Immagina di tirare un pugno a una lavagnetta di legno: puoi frantumarla, o fermarti a un millimetro da essa. Questo offre un’altra idea della differenza.
Spesso pensiamo di non essere adatti a certe attività, oppure di avere un particolare carattere, ma il risultato delle nostre azioni non dipende da come siamo, bensì da come governiamo la nostra energia vitale.
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