Partire a piedi scalzi
Mai stendere un piano per un progetto personale prima di iniziare a lavorarci. Mai. L’ho imparato a mie spese. Ogni volta che ho pianificato nei dettagli un progetto, ho speso più tempo nel definire il piano che a realizzarlo.
Quando invece sono partito senza un piano, sono arrivato presto dove il piano avrebbe dovuto portarmi nella sua prima fase di attuazione. O più o meno giù di lì. Così ho scoperto che era quello, il momento giusto per studiare un piano.
Visione e missione
Per partire senza un piano occorrono fondamentalmente due cose:
- una visione, per tenere il timone puntato nella direzione in cui vuoi muoverti;
- una fortissima motivazione, che ti sostenga nell’affrontare i pericoli che ti aspettano in alto mare e che ancora non conosci.
Certo, per raggiungere il tuo obiettivo non bastano queste due cose, ma tutto il resto lo puoi trovare solo strada facendo. Stare a cercarlo prima di partire non serve ad altro che rimandare la partenza.
Per attraversare l’Oceano non è necessario salpare da un porto sicuro. Non serve avere una nave con scialuppa di salvataggio. Non è neppure obbligatorio saper nuotare. Devi solo avere le palle di alzare il sedere da terra e affrontare il mare.
È quello che ho fatto con questo blog. Ci ho pensato per sei mesi. Senza scrivere una riga. Documentandomi su quello che già c’era relativamente alle tematiche che volevo trattare, modificando il tema e i primi post per scriverlo ora in italiano ora in inglese, poi bilingue, poi di nuovo in una sola lingua, poi con i social, poi senza, poi minimale, poi pieno di cose. Alla fine ho capito. Ho preso un tema, non l’ho modificato se non nel font, e ho iniziato. Dopo qualche mese ho speso una settimana per fare un restyling. Non sono ancora soddisfatto, ma il prossimo restyling arriverà a fine anno.
Partire senza piano
Ti racconto come sono partito io. Due pagine, una manciata di post e via. Ho fatto degli errori, li ho rifatti, ne sto continuando a compiere – ne sono cosciente – ma ogni giorno combatto per compiere un passo in avanti. Non sono ancora affondato. Non ho ancora un piano. Ho una visione e una fortissima motivazione. Soprattutto, ho ritrovato il coraggio e l’incoscienza che avevo da bambino, due elementi necessari per ogni avventura, come ti ho raccontato in Sognare per Vivere.
Ci ho messo due anni a maturarlo. Ci ho messo sei mesi a ricordarmelo. Ora sono qui, in mezzo al mare, con un sacco di idee, con una motivazione che cresce sempre di più, con una fottutissima paura di annegare, ma con una visione che è sempre un po’ più chiara.
Se ci sono riuscito io, puoi farlo anche tu.
Navigare a vista
Percepisco un’obiezione. Senza un piano, non tutti sono in grado di capire come muoversi e cosa fare. Io non credo che conti cosa fai, ma che tu lo faccia. Puoi essere un codardo che ha paura di commettere degli errori, di fallire, di essere deriso per quello che scrivi, oppure essere uno che scrive. Uno che fa. Che a parlare sono buoni tutti, ma a mettere le cose nero su bianco ci vogliono le palle.
Ti faccio una confessione: io ci ho messo sei mesi per decidere di lasciare metà del mio lavoro per dedicarmi alla scrittura. Ho una paura fottuta, ma so che questo è un segnale che ho preso la strada giusta.
Fare qualcosa ogni giorno. Andare avanti, anche se nella direzione sbagliata. Muoversi. Questo fa la differenza fra chi preserva del tempo per coltivare i propri sogni e chi si limita a lavorare nei campi degli altri.
È l’ignoranza che ti fotte
Il piano verrà. All’inizio, non sei neppure in grado di farlo. Sono più le cose che non conosci che quelle che sai. Non hai esperienza. Come fai a essere sicuro di vedere bene l’orizzonte se sei così lontano? Più ti avvicini, più ti si chiarisce la strada da percorrere, ma se non ti avvicini e prepari una strategia da dove le cose si vedono sfuocate, anche il tuo piano risulterà sfuocato. Quindi, pressoché inutile. Tanto, lo dovrai rifare a breve.
E, a proposito, non è neppure detto che ti serva. Magari fai un piano e dopo essere partito scopri che ti eri sbagliato del tutto e non è quella la direzione in cui volevi andare.
Hai ancora dubbi circa l’utilità di un piano prima di partire?
Un piano per la vita
Vivere intenzionalmente non significa pianificare la propria vita, significa viverla. Anche se, per viverla, un piano ti serve. Perché senza un piano, non la vivi, ma un piano ti serve che sia un piano che funzioni, non un qualcosa di assolutamente ipotetico.
Il piano per la tua vita lo costruisci ogni giorno muovendoti nella direzione che segue i tuoi ideali, con tutte e due le mani sul timore per procedere senza indugio nella direzione che tu ritieni giusta, anche contro tutti i segnali di tempesta che il mare ti dà, e però essendo pronto a modificare la rotta sulla base delle cose che il mare ti insegna.
I vantaggi di un piano dopo la partenza
Lavorare al piano del tuo progetto quando già sei partito offre diversi vantaggi, che sto scoprendo in questi giorni mano a mano che osservo pensieri e idee incastrarsi fra loro e iniziare a dare forma a un piano.
Pensare al piano con l’esperienza di chi è già in viaggio offre diversi vantaggi:
- hai già superato lo scoglio più difficile, ossia partire, e in pratica ti ritrovi dove ti avrebbe dovuto portare il piano;
- hai maggior chiarezza, perché hai più elementi a disposizione per valutare le idee che ti frullano nella testa;
- non c’è più niente che ti paralizzi, perché oramai sei in ballo e hai più da smenarci a mollare tutto che ad andare avanti;
- hai già incontrato persone che ti supportano o ti accompagnano nel tragitto;
- sei già sulla strada giusta per trovare il ritmo necessario a raggiungere il tuo obiettivo.
Soprattutto l’ultimo punto per me si è rivelato cruciale. Oggi ho meno “paura” di scrivere questo blog di quanta non ne avessi quando ho iniziato a farlo. Ho ricevuto complementi via WhatsApp, messaggi su Facebook, post su Twitter e Facebook, commenti su LinkedIn… Tutta roba che mi galvanizza e mi spinge ad andare avanti. Asset che non sapevo di avere prima di partire.
È un po’ come il GPS. A volte non funziona e ti devi muovere perché prenda il segnale.
Controindicazioni
Non mi sono chiesto se il modello presenti anche svantaggi o in un certo qual modo ti si possa ritorcere contro.
Primo, perché mi sembrano più che valide le ragioni per adottarlo.
Secondo, perché sta funzionando. Anzi, ho imparato una cosa in più. Non sto più a testare e valutare diversi prodotti prima di iniziare a usarne uno. Prendo il primo che mi sembra sufficientemente buono per risolvere l’esigenza che ho e inizioc a usarlo. Poi magari strada facendo lo cambierò. Mi è successo così per esempio con CoSchedule, che ho iniziato a usare per iniziare a fare un piano editoriale dopo 29 post.
Gli svantaggi di non avere un piano ci sono, per carità, ma li ho trovati finora un prezzo da pagare per trovare quella chiarezza in più necessaria a sviluppare una strategia appropriata e non rimanere fermi in attesa di scoprire se il tuo piano funzionerà oppure no.
Il modello
Il modello da cui ho derivato questo atteggiamento è quello delle startup. Che è fatto più o meno così:
- ricerca: scoperta del cliente e validazione del cliente, ripetizione del processo sulla base di quello che scopri strada facendo;
- esecuzione: costruzione del cliente e dell’azienda;
- crescita: espansione di quanto realizzato e verificato nei passaggi precedenti.
In poche parole, parti, fai qualcosa pensando che ti porti una direzione, verifichi se ci stai andando, aggiusti il tiro, e quando hai trovato la strada giusta costruisci sulla base di quello che hai appreso.
Avrai sentito spesso parlare di business plan in relazione alle startup: è vero, lo fanno, ma non è altro che un pezzo di carta richiesto dagli investitori che vogliono comprendere le capacità di pianificare lo sviluppo del business da parte dei ragazzi su cui vanno a investire. Quel documento è destinato a essere stravolto e riscritto da cima a fondo. E non può essere scritto prima di aver definito clienti e azienda, due risultati che si ottengono solo attraverso un processo di tentativi ed errori.
Cosa ti serve prima di iniziare un nuovo progetto
Abbandonato il concetto di piano, per partire ho trovato utile sfruttare due strumenti:
- il metodo dei MIT (Most Important Task), che consiste nel decidere ogni giorno qual è la cosa più importante da realizzare per procedere verso un obiettivo (settimanale) più grande, focalizzando l’attenzione sulla crescita;
- definizione dei valori: cioè quali sono gli obiettivi per cui ti sei messo in gioco, così da mantenere il focus e la consapevolezza necessari a completare la missione.
- Comportamenti di default: significa definire in precedenza come affrontare ogni situazione sapendo a priori come comportarsi per raggiungere i propri obiettivi, costi quel che costi.
MIT, valori e comportamenti di default sono gli strumenti con cui ho costruito la mia visione e definito la mia missione. Che ogni giorno ho aggiustato un po’ nella speranza di raggiungere in pochi mesi la chiarezza necessaria per disegnare il mio piano.
Mi ci sono voluti cinque mesi, ma adesso ho lasciato metà del lavoro che avevo e sto facendo il piano.
Crescita personale e life hack
1 articolo / settimana al massimo. Solo contenuti originali.