Abitudini: cosa sono e come sfruttarle per i tuoi progetti
Il 45 per cento dei nostri comportamenti è abitudinario, secondo un vecchio studio dell’Università di Duke. In pratica, una cosa su due di quelle che facciamo non ci dobbiamo stare a pensare. Significa inoltre che abbiamo un potenziale enorme per migliorare la nostra vita, cancellando cattive abitudini e creandone di nuove. Soprattuto, abbiamo un esercito di alleati pronti a supportarci nel coltivare i nostri sogni.
Noi siamo quello che facciamo ripetutamente. L’eccellenza, quindi, non è un’azione, ma un’abitudine. Aristotele
Quando lavori a un progetto personale, la cosa più difficile è essere persistente. In questo, radicare l’abitudine di dedicarsi al tuo progetto è fondamentale.
Quando ho iniziato questo blog, mi sono impegnato a scrivere tutti i giorni. Qualcosa ogni giorno, anche se non l’avessi pubblicato. Piano piano, sono passato a scriver almeno 500 parole ogni giorno. E ora sto combattendo per pubblicare due post alla settimana.
Ad aiutarmi a trovare il “ritmo” giusto sono state tante piccole abitudini. Come per esempio quella di scrivere appena sveglio, prima di fare colazione, o la sera subito dopo cena, in attesa che mia moglie rientri. In entrambi i casi, non arrivo mai all’appuntamento con la tastiera senza sapere cosa scrivere, e non chiudo mai senza stabilire cosa viene dopo. Si tratta di due piccoli trucchi per hackerare le mie abitudini che ho imparato nel corso degli ultimi anni.
Il segreto di una vita disciplinata, scrive Gary Keller in Una cosa sola, è la formazione di abitudini sequenziali, ed è esattamente quello che ho fatto io e puoi fare anche tu per riprendere in mano quel progetto a cui tenevi tanto o iniziare a coltivare seriamente le tue passioni.
Che cos’è un’abitudine e cosa c’entra con le tue passioni
Ti racconto una storia. Quando Claude Hopkins iniziò a studiare un nuovo dentifricio, era solo uno dei tanti al lavoro su questo prodotto. Hopkins ebbe l’idea di aggiungere alla pasta per pulire i denti delle sostanze che, alla fine del processo, lasciavano la bocca fresca e profumata. Offrendo una tale ricompensa a tutti coloro che acquistavano il dentifricio Pepsodent, Hopkins riuscì a costruire un’abitudine nei clienti dell’azienda, desiderosi di avere l’alito fresco e profumato.
Un’abitudine, come spiega Charles Duhigg in Il potere delle abitudini, è composta di tre elementi:
- stimolo, qualcosa che attiva il nostro pilota automatico;
- routine, che si svolge senza bisogno del nostro attivo coinvolgimento;
- ricompensa, fondamentale perché il nostro corpo completi l’attività richiesta.
Lo scopo di un abitudine è evitarci la fatica e l’impegno di pensare a una soluzione per il problema che stiamo affrontando. Immaginati se dovessi valutare quale dentifricio comprare ogni volta che vai al supermercato! Il tuo cervello ottimizza tempi ed energie con le abitudini: lo stesso di sempre, il meno caro o il più caro, quello in offerta.
Le abitudini persistono perché, oltre a risolvere un problema, si fondano sul desiderio. Per esempio, chi pratica tutti i giorni un’attività sportiva è “dipendente” dal desiderio di sentire l’endorfina scorrere nel proprio cervello; dal trattamento che si riserva dopo l’allenamento; o semplicemente dai risultati degli esercizi compiuti e dalla possibilità di condividerli con gli amici1. Il trucco è proprio nel non resistere al desiderio, ma re-indirizzarlo verso qualcosa d’altro.
Le abitudini si formano in delle zone del cervello chiamate gangli della base. Qui esse vengono programmate in modo tale da non dover più prestare attenzione alle attività previste. I gangli della base sono molto più forti della corteccia prefrontale, ovvero di quella parte del cervello incaricata di prendere le decisioni razionali.
Per farlo, essa elabora le conseguenze a lungo termine di un’azione e valuta perfino concetti astratti come la morale. Consumando le nostre energie mentali.
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha dichiarato che indossa sempre lo stesso vestito 2 per dedicare tutte le proprie risorse alle decisioni davvero importanti che deve prendere ogni giorno. Allo stesso modo si comportava Steve Jobs, e così fanno tanti altri, non solo con il modo di vestirsi, ma anche con la dieta alimentare, e mille altre cose che, una volta programmate nei gangli della base, non richiedono più sforzi da parte del nostro cervello.
Come ti spiegavo sopra, le abitudini sono fondamentali per strutturare i progetti personali. Nella mio rituale serale, per esempio, preparo l’iPad sul tavolo appena finito di sparecchiare, e mentre infilo l’ultimo piatto nella lavastoviglie3 comincio a pensare a quello che ho deciso di scrivere. La riflessione prosegue sotto la doccia, dove normalmente ci vengono le migliori idee. Infine, mi attacco alla tastiera, imposto un timer e scrivo per mezz’ora. Almeno. Potrei andare avanti 45 minuti o un’ora senza accorgermene, se non suonasse il timer. Questo mi dice che ho raggiunto il mio obiettivo4 e siamo pronti per la lettura serale. Mezz’ora anche qui, o almeno una pagina prima di spegnere la luce.
Come cancellare una cattiva abitudine
Le abitudini sono delicate. Vanno coltivate e coccolate, altrimenti si cancellano. Esse si creano con la ripetizione costante di un’attività, per la quale sono necessarie, ma non sufficienti, forza di volontà e motivazione. Senza la ripetizione, non vai da nessuna parte.
Il momento in cui è più facile che ci affidiamo alle abitudini, secondo una ricerca dell’università UCLA, è quando siamo sotto stress, stanchi o sovraccarichi di cose da fare. Ciò avviene perché in questi casi il nostro cervello non ha voglia di prendere decisioni, e le abitudini rappresentano decisioni già prese e pronte all’uso. Indipendentemente dal fatto che siano buone o meno.
Cancellare una cattiva abitudine è quindi piuttosto semplice: non devi fare altro che creare una routine diversa per lo stimolo che ti porta sulla cattiva strada e credere nel cambiamento.
Una ricerca condotta fra gli “utenti” di Alcolisti Anonimi, una delle associazioni che maggiormente sfrutta il meccanismo della sostituzione della routine, ha indicato che la differenza fra ricaduta e sobrietà è proprio la “fede”. Quella in Dio è di particolare utilità in quanto fortifica la capacità di credere a una redenzione, ma è sufficiente avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità di cambiare.
Un altro modo di dimenticare una cattiva abitudine consiste nel cancellarne l’innesco. Per esempio, a me vedere la pila di piatti sporchi nel lavandino quando avevo finito di mangiare mi faceva passare la voglia di mettermi a fare la cucina, e quindi spesso rimanevo con in mano l’iPhone, o svaccato sul divano a guardare le notizie sportive cinque minuti prima di fare i piatti. Poi altri cinque minuti. E via così bruciavo la serata.
La mia esperienza con le abitudini
Nel corso dell’ultimo anno ho costruito rituali per il mattino e per la sera, così da essere sicuro di riuscire a scrivere tutti giorni, anche quando per lavoro o per bimba-che-zompa-nel-letto-prima-della-mia-sveglia o che-non-vuole-dormire i miei piani sono compromessi.
Come ti spiegavo prima, ho incluso quest’abitudine in un più ampio rituale in cui un’azione tira l’altra, e quella che dà inizio al tutto è la cena, per quanto riguarda la sera. Anche nel caso del mattino la scrittura è inclusa in un più complesso rituale: urinare, bicchiere d’acqua, Yoga, meditazione, lettura e scrittura. In entrambi i casi, il punto di partenza è un qualcosa che già faccio e a cui difficilmente posso sottrarmi.
Perché questa cosa dei rituali? Sapendo che quando sei stanco il tuo cervello si affida alle abitudini, il modo migliori di garantirti persistenza nei tuoi progetti personali è incastonarli in rituali più complessi, che vengono avviati a partire da attività a cui già normalmente non ti sottrai.
Quanto ci vuole per creare un’abitudine
L’unica maniera di programmare un’abitudine è ripetere costantemente un’attività specifica. Non c’è scampo. Per fortuna, le abitudini sono più facili da mantenere che da apprendere, come sottolinea Keller. Fino a che non ci hai provato e ci sei riuscito però non te ne rendi conto.
Per creare un’abitudine ci vogliono in media due mesi, come spiega bene James Clear in un post dedicato alle ricerche scientifiche sul tema. I 21 giorni di cui senti spesso parlare sono un mito; derivano da un celebre libro del chirurgo plastico Maxwell Maltz, secondo cui ci volevano almeno 21 giorni perché i propri pazienti si abituassero ai cambiamenti del proprio corpo.
Per radicare un’abitudine – per essere cioè certo che il tuo cervello l’abbia registrata e non la dimentichi al primo cambio di vento – ci possono volere anche due mesi, come ha evidenziato uno studio di Phillippa Lally, ricercatrice dello University College di Londra. Per la precisione, da 18 a 254 giorni. In media, 66 giorni.
Come costruire un’abitudine
In Mini Habits, Stephen Guise spiega che il modo migliore per costruire un’abitudine è partire con piccoli obiettivi. Anche Duhigg sottolinea il ruolo chiave delle piccole vittorie, collegandole però alle abitudini chiave, abitudini cioè che funzionano da chiave di volta. E cioè, comportamenti che, una volta adottati, producono un effetto positivo che si spalma su altre aree della nostra vita. Le piccole vittorie di cui parla Duhigg sono risultati semplici da ottenere, ma che concorrono a fortificare la nostra fiducia nel cambiamento.
Io l’ho provato con gli addominali al mattino, quando dovevo perdere peso. L’ho fatto partendo da un paio di addominali per aggiungerne prima uno, poi due e così via, arrivando a 122 addominali tutte le mattine5.
Partire è sempre infatti la parte più difficile. Creare un’abitudine così semplice che non richieda particolare impegno per essere adottata, e che al contempo non ti lasci scampo, è il modo migliore per iniziare. Per esempio, quando voglio essere sicuro di fare almeno cinque minuti di Yoga o andare a correre almeno un quarto d’ora come prima cosa al mattino, preparo il tappetino in salotto o le scarpe vicino alla porta, e lascio i vestiti pronti la sera prima.
La chiave di volta
Per solidificare un’abitudine, oltre alla persistenza, occorrono come ho scritto sopra motivazione e forza di volontà. Se la prima è necessaria, la seconda è anche fondamentale.
La motivazione è soggetta a scomparse, perché dipende molto dall’umore.
La forza di volontà invece è la madre di tutte le abitudini chiave. È essa stessa un’abitudine. Un muscolo che puoi allenare, ma che anche si stanca con l’uso.
In che modo allenare la forza di volontà? Banalmente, decidendo di fare qualcosa per scelta e non perché ti ci hanno obbligato.
Per dimostrarlo, all’università di Stanford hanno preso dei bambini di quattro anni e gli hanno chiesto di resistere alla tentazione di divorarsi dei marshmallow. A distanza di tempo, sono stati confrontati i risultati accademici del gruppo: quelli che erano riusciti a non toccare i marshmallow da piccoli avevano poi ottenuto i migliori voti nel proprio percorso scolastico. La morale è che per allenare la forza di volontà devi costruire delle abitudini che richiedano una forte risoluzione.
Ogni volta che crei un’abitudine, lavori sul muscolo della forza di volontà. A differenza della motivazione, la forza di volontà è riutilizzabile per altre abitudini.
Le mini abitudini, spiega Guise, possono anche fungere da paracadute per la forza di volontà. Servono cioè da allenamento costante. Alimentano inoltre la stima di sé, già martoriata da irragionevoli aspettative di genitori, insegnanti e, spesso, noi stessi.
Le mini abitudini ti aiutano in modo subdolo. Ogni volta che raggiungiamo un obiettivo, indipendentemente dall’importanza di questo, il nostro corpo rilascia infatti dopamina, sostanza di cui è ghiotto il nostro cervello. Esattamente come le vittime del multitasking sono dei drogati di dopamina, allo stesso modo noi possiamo sfruttare questa sostanza attraverso le mini abitudini per incentivarci a raggiungere traguardi maggiori.
Registrare i propri successi è un altro passaggio chiave per radicare un’abitudine e trovare il ritmo. Puoi farlo mettendo in fila crocette rosse sul calendario, o usare app come Momentum o Coach.me. La differenza fra l’analogico e il digitale è che il primo lo tieni davanti a te tutti i giorni, mentre il secondo lo devi sempre e comunque andare a cercare. Tenere l’app prescelta nel dock del tuo iPhone o nella prima schermata può essere utile a mediare. Al momento è quello che sto provando io, anche se penso di passare presto al calendario.
Dalla teoria alla pratica
Cosa puoi fare quindi per crearti le tue abitudini? Ti condivido il processo da seguire. Non è una regola, non me lo sono inventato io, ma l’ho provato e funziona.
Dunque:
- prendi un foglio e traccia tre colonne;
- nella colonna di mezzo fai una lista delle abitudini che vuoi avere, un giorno, in futuro;
- prosegui con le pessime abitudini che vuoi cancellare;
- per ogni abitudine definisci lo stimolo, nella colonna di sinistra, e la ricompensa, a destra;
- scegli tre abitudini;
- definisci l’attività minima da completare per conseguire la ricompensa di ognuna delle attività scelte, o in caso di cattiva abitudine definisci la routine sostitutiva o il modo di evitare lo stimolo;
- scegli come tenere traccia dei risultati;
- ripeti le tue abitudini per un 21 giorni, poi celebra il primo successo;
- arriva a 30 giorni, e poi celebra il secondo successo;
- arriva a 66 giorni, e poi fai una grande festa;
- prosegui con le altre abitudini.
- Non a caso tutte le app per sportivi hanno questa funzione incorporata. ↩
- In due colori, blu e grigio. ↩
- Gli altri e le padelle ci vanno uno per uno appena li finisco di usare. ↩
- Di solito in mezz’ora scrivo ben oltre 500 parole. ↩
- Niente di straordinario, ma da zero a 122 c’è una bella differenza. ↩
Crescita personale e life hack
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