Ci si può fidare delle notizie diffuse sui social network?
Ci si può fidare delle informazioni che circolano sui social network? Mi ha posto questa domanda un collega della RAI in un’intervista durante il Festival della Comunicazione di Camogli, dove sono stato ospite nel week end per parlare delle startup dell’informazione (nel link le slide del mio intervento). Domanda pertinente, perché proprio sul tema della necessità di verificare le notizie prima di darle era intervenuto il direttore de La Stampa Mario Calabresi. La questione è: quanto sono affidabili le “fonti” sociali?
Ecco la domanda originale: Facciamo l’esempio che io posti una cosa interessante e tutti la riprendano, mi creo un seguito, poi posto una stupidata e la gente mi crede: ci si può fidare quindi dei social?
Ho risposto che nel 2012 il video registrato sulla Costa Concordia, mandato in onda da alcuni dei più importanti TG italiani, era un fake, girato in un’altra data su un’altra nave. Ci si può dunque fidare dei TG? Di Striscia la notizia, che ha smascherato la bufala, magari un po’ di più.
Calabresi ha raccontato la propria disperazione quando circolava la notizia, o meglio la voce, che Rossella Urru fosse stata liberata e di come la gente su Twitter si fosse rivoltata contro di lui reo di aver informato che la cosa non risultava né all’unità di crisi della Farnesina né al ministro degli Esteri. L’ha scritto anche Fiorello, ha risposto un utente a Calabresi, scioccando a tal punto il direttore che ancora se lo ricorda. La Stampa ha titubato nel dare la notizia che non era riuscita a verificare, cercando di ricostruire la storia. Facendo giornalismo. Alla vecchia maniera. Il fatto è che, come ha detto Massimo Russo, direttore di Wired, nel proprio intervento al Festival, fare giornalismo e farlo bene non è più sufficiente perché se una volta le notizie morivano quando venivano pubblicate, oggi nascono quando vengono diffuse su Internet.
Secondo me per altro alla Stampa si sono sbagliati parecchio nel non dare immediatamente la notizia. O meglio, non hanno capito che le notizie erano due, non una. La prima e forse più importante era che tutto il mondo stava festeggiando la liberazione di Rossella Urru senza che la notizia fosse stata confermata; la seconda, a questo punto quasi meno rilevante, era la liberazione della nostra connazionale. La fonte della notizia era un giornale del Mali. Il quale però aveva solo riportato che fonti non identificate di un altro paese di quelle parti, di cui non ricordo il nome, avevano detto che la Urru sarebbe stata liberata. La cosa effettivamente accadde due settimane dopo.
La risposta alla domanda da cui sono partito è piuttosto semplice. Bisogna avere delle fonti attendibili. È quello che hanno sempre fatto i giornalisti: cercarsi interlocutori affidabili. I social network rappresentano un importante serbatoio di fonti, ma bisogna essere capaci di capire chi è affidabile e chi meno.
Ogni volta che muore qualcuno su Twitter l’ANSA ci mette una vita a riportare la notizia. A volte a ragione, perché non è morto nessuno. Quando toccò a Scalfaro, presidente emerito della Repubblica Italiana, l’ANSA arrivò parecchio dopo. La notizia fu data su Twitter da Alberto Gambino, uno che di Scalfaro era amico e collaboratore. Ora, chiaro che ci vuole sempre una seconda fonte che confermi, ma indagare su chi fosse stato il primo a diffondere la notizia su Twitter richiedeva pochi secondi e fargli una telefonata giusto qualche minuto in più. Non è che lo dice Twitter, lo dice qualcuno sul social network e il giornalista ha il compito di verificare prima di tutto l’attendibilità della fonte.
Ci si può fidare dunque dei social? Tanto quanto ci si può fidare dei telegiornali o di quello che c’è scritto sui giornali. Come i giornalisti devono scegliersi le fonti, così i lettori devono oggi individuare i giornalisti credibili. Se uno mi racconta una bufala una volta, non vale più la pena leggerlo. Sembra assurdo, ma viviamo in un periodo in cui non ci si può più basare sulla fiducia. Specie quando ci sono in giro giornalisti che copiano le informazioni da Wikipedia senza verificare l’attendibilità di quanto riportato on line.
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