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Matcha

Silvio Gulizia
Silvio Gulizia
3 minuti
Matcha

Nel mondo Zen, la cerimonia del tè è una delle arti più praticate, ma non per la sua semplicità. Essa incarna i principi Zen e richiede un notevole impegno da parte non solo del cerimoniere, il maestro del tè, ma anche dei partecipanti. Benché difficilmente replicabile nella vita quotidiana, tutti possiamo praticare la via del tè anche in casa nostra.

Sorvolerò sugli aspetti più pratici del cerimoniale, come la necessità di una stanza apposita arredata in modo specifico, con una piccolissima porta per entrare attraverso la quale ogni ospite è costretto a inchinarsi, e non affronterò il divieto di introdurre armi che in passato rendeva tutti uguali, ma non posso tralasciare qualche accenno storico, prima di elencare i principi chiave e spiegare come stia praticando io questa cerimonia a casa mia.

L’origine della cerimonia del té

Le origini di questa pratica non sono chiarissime, ma la leggenda vuole che Bodhidharma, maestro di meditazione giunto dall’India in Cina, poi identificato come fondatore del Buddismo Chan cinese, da cui lo Zen giapponese, si strappasse le palpebre e le gettasse via per non addormentarsi mentre meditava. Da quelle palpebre sarebbe nata la pianta del te, e per questo motivo i monaci Zen iniziarono a consumare una tazza di tè davanti alla statua di Bodhidharma prima dalla pratica di meditazione.

Un’altra leggenda, un po’ meno leggenda, narra che i samurai prendessero una tazza di tè per fare una pausa fra una guardia e l’altra, e da loro la pratica si diffuse nel popolo e divenne un rito sfarzoso per gli aristocratici.

Alla base delle leggende c’è il fatto che il tè matcha, quello usato in Giappone per la cerimonia, contiene il doppio della caffeina del tè verde normale, ma la rilascia in un periodo di tempo ancora più lungo, circa sei ore. Questo significa che puoi rimanere concentrato più a lungo, ma al tempo stesso rilassato per via delle altre sostanze presenti nella bevanda, fra cui antiossidanti (137 volte più che nel normale tè verde) che riducono le infiammazioni, polifenoli e aminoacidi in grado di ridurre lo stress psico-fisico, e acido glutammico che eccita il sistema nervoso favorendo apprendimento e memoria. Diciamo che una tazza di tè con molto matcha equivale a quasi una tazzina di caffè, ma l’effetto energizzante dura più a lungo e in generale fa meglio al nostro corpo. Questo tipo di tè, che viene coltivato all’ombra e macinato a pietra, è inoltre ricco di vitamine (in particolare B1, B2 e C), sali minerali, clorofilla, carotene e caffeina, favorisce il metabolismo (aiutando a dimagrire), e aiuta a combattere malattie come colesterolo e pressione alta.

In Giappone, la cerimonia del tè è un momento di presenza in cui ci si dedica completamente all’altro. Non si pratica in solitaria, che io sappia, ma non vedo controindicazioni, e d’altra parte nessuno a casa mia prende il tè con me.

I principi chiave della cerimonia sono racchiusi nel principio wa kei sei jaku:

  • wa significa armonia, e va ricercata prima in se stessi e poi nella relazione con l’altro, concentrandoci per esempio sul tono di voce che usiamo;
  • kei è rispetto, verso l’altro sì, ma anche e innanzitutto verso noi stessi;
  • sei è purezza, rappresentata dall’atto di lavarsi le mani prima di entrare nella stanza della cerimonia, ma più in profondità è un invito a fare pulizia nel proprio cuore da tutti quei sentimenti negativi raccolti durante il resto della giornata;
  • jaku, tranquillità, identifica la necessità di fare spazio per sé e per il compagno di bevuta all’interno di un momento di calma.

Una pratica casereccia

Due settimane fa ho comprato un kit economico per la preparazione del tè matcha, limitandomi allo stretto necessario (ho lasciato stare il portafrullino, pentendomene dopo). Ci sono dentro una tazza (serve una tazza con il fondo largo), un bastoncino di bambù per dosare il tè (puoi usare un cucchiaino da caffè) e il Chasen, il frullino per mescolare la polvere di matcha (puoi usare una frusta, ma non so se sarà lo stesso). La preparazione del tè (la temperatura dell’acqua deve essere intorno ai 65 gradi e ci sono diverse indicazioni su come ottenere la temperatura giusta se non hai un bollitore con termometro, poi devi mettere la polvere nella tazza, aggiungere acqua e “frullare” il tutto), seguita dalla pulizia della tazza (che di solito non va in lavatrice), costituisce un rituale che aiuta a trovare la concentrazione necessaria per berti la tua tazza di tè da solo, o in compagnia, assaporando il tè e senza lasciarti distrarre da nulla.

Nulla che non si possa replicare con un normale tè in bustina o sfuso (a parte la frullata), ma considerati tutti gli aspetti benefici del matcha, perché no?

Silvio Gulizia Twitter

Apprendista Jedi. Life hacker. Scrittore.