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13 principi Zen, senza lo Zen

Silvio Gulizia
Silvio Gulizia
8 minuti
13 principi Zen, senza lo Zen

È un periodo che sono sempre di corsa. Lo diciamo ogni volta che ci pare di non avere il tempo di fare tutto, e in tutto ci cimentiamo però, sempre con l’acqua alla gola. Solo che, non è mai un periodo, è sempre una serie di periodi, è anzi la vita che ha preso quel ritmo. Anche quando siamo impegnati per dargliene un altro.

Quando mi capita uno di quei periodi, quello che ho imparato a fare è ripartire da alcuni principi dello Zen che possono essere applicati nella propria vita anche senza conoscere o praticare lo Zen, cominciando a essere un po’ più generosi con se stessi.

Cos’è lo Zen

Doverosa premessa. Lo Zen è un particolare tipo di Buddismo. Un po’ come per il cristianesimo, infatti, anche il Buddismo ha diverse scuole di pensiero. Lo Zen è nato in Giappone come evoluzione della dottrina cinese Chan, a sua volta fondata sugli insegnamenti del maestro indiano Bodhidharma.

Questi versi di Bodhidharma ci danno un’ottima idea di cosa sia questo Zen:

Una speciale tradizione esterna alle scritture.
Non dipendente dalle parole e dalle lettere.
Che punta direttamente alla mente e al cuore dell’uomo.
Che vede dentro la propria natura e raggiunge la buddhità.

Spiegare il principio di buddhità è complesso e non è questo il luogo, ma, giusto per capirci, è quello stato in cui abbiamo compreso i perché di tutto. In occidente lo chiamiamo “risveglio” o “illuminazione”, perché al soggetto “risvegliato” o “illuminato” tutto della vita è finalmente chiaro. In termini Zen sarebbe il satori.

Il satori è essenzialmente un’esperienza improvvisa, e spesso viene descritto come un capovolgimento della mente, proprio come improvvisamente ruota l’asse della bilancia quando mettiamo nel piatto un peso superiore a quello dell’altro piatto. – ALAN WATTS, The Spirit of Zen

I principi dello Zen

Puoi trovare liste di principi Zen in ogni angolo di Internet, ma la verità è che… anzi, ci sono due verità, e io non ne possiedo alcuna. Da un lato infatti lo Zen ha un enorme numero di principi e regole, mentre dall’altro esso si basa sostanzialmente sulla ricerca di vivere il qui e ora e trovare la consapevolezza di sé.

Non ho studiato lo Zen così a lungo da permettermi di dare indicazioni precise, ma ci ho trovato dentro alcuni insegnamenti che ho potuto fare miei pur senza approfondire la dottrina o diventare uno studente Zen.

Qui ho stilato una lista di alcuni principi dello Zen – tradotti in termini pratici – che mi hanno aiutato a cambiare il mio approccio alla vita:

  1. Mantenere una mente di principiante
  2. Fare di meno…
  3. … Per fare meglio
  4. Dedicarsi completamente a ciò che stiamo facendo
  5. Fare le cose lentamente e intenzionalmente
  6. Concentrarci sulla pratica, non sul risultato
  7. Destinare del tempo a quello che conta
  8. Vivere la vita, e non girarci attorno
  9. Meditare, come forma di allenamento per la vita
  10. Non essere attaccati ad alcuna cosa
  11. Godersi il momento
  12. Trovare la felicità in ciò che abbiamo
  13. Servire gli altri

La mente di principiante

Allo studente Zen il maestro richiede una mente vuota da preconcetti e invece sempre disposta all’ apprendimento. Ecco come descrive questo tipo di atteggiamento il maestro Shunryu Suzuki:

Nella mente di un principiante ci sono miriadi di possibilità. In quella degli esperti, ce ne sono pochissime.

Il principiante è pre-disposto all’apprendimento e sempre si domanda cosa ci sia da imparare dall’esperienza che sta vivendo, pronto a meravigliarsi di essa.

Meno è meglio

Minimalismo e Zen vanno a braccetto: mentre il primo è solo recentemente assurto a stile di vita, il secondo ha sempre incarnato il primo.

Nella mente di noi tutti il minimalismo è – erroneamente – possedere meno cose, mentre invece esso è un metodo per dedicare le nostre risorse solo a ciò che è essenziale. Così lo Zen impone la rinuncia a tutto quanto è superfluo, limitando i possedimenti del monaco buddista a tunica e ciotola per mangiare e bere.

Una cosa alla volta

La dottrina Zen insegna a non dedicare la propria attenzione a una cosa fino a quando non abbiamo concluso quella a cui ci si sta dedicando. Il che accade, a livello mentale, circa una volta su due a ognuno di noi. Chi non risponde alle telefonate o ai messaggi durante i meeting di lavoro, o controlla Facebook mentre parla al telefono o guarda la TV?

Quando cammini, cammina. Quando mangi, mangia. – PROVERBIO ZEN

Rallentare

Nel concetto di rallentamento lo Zen introduce quella intenzionalità che è un po’ all’origine di questo blog. In un mondo che sfugge via, sempre di corsa, l’unico modo di godersi quello che ci è dato è rallentare.

Rallentare significa inserire del tempo per pensare fra gli stimoli che riceviamo e le reazioni con cui rispondiamo. Questo ci consente di agire in accordo con le nostre intenzioni, e non impulsivamente.

Concentrati sulla pratica

Qui mi addentro un attimo nei dettagli, chiedendoti perdono per la mia inadeguatezza a spiegare nei dettagli certe cose. Voglio però darti un’idea di cosa significhi la pratica Zen.

Nello Zen la pratica è un tutt’uno con la dottrina. La dottrina stessa è pratica. Puoi trovare l’illuminazione anche se non sai cosa sia – anzi, non devi sapere cosa sia l’illuminazione per riuscire davvero a trovarla. Se però non la cerchi, non la trovi. Anche se il cercarla ti preclude il trovarla. Solo se pratichi Zazen 1 e osservi gli insegnamenti dei maestri, allora sei sulla strada verso l’illuminazione.

Questo trovo che sia uno dei principi più importanti e per questo motivo la Sfida di Vivere Intenzionalmente è costruita come una pratica da ripetere costantemente per tenerci in allenamento.

Rituali

I rituali aiutano a dare importanza a quello a cui ci dedichiamo. Concatenando azioni nei nostri rituali le aiutiamo a proteggersi l’un l’altra dagli accidenti della vita. Se una cosa vale la pena includerla in un rituale, allora é importante, e allora siamo impegnati nel proteggerla.

Partire dalla costruzioni di rituali per il mattino e la sera è il modo migliore per prendere dimestichezza con questo approccio.

Destina il tempo a ciò che conta

Destinare del tempo a ciò che abbiamo scelto essere importante per noi è l’unico modo di trovare del tempo per ciò che dà senso alla nostra vita.

Bloccare del tempo sul proprio calendario per le cose importanti è l’equivalente di ciò che fanno i monaci Zen con la pratica della meditazione.

Destinare del tempo ogni giorno ai nostri rituali significa costruire una casa per ciò che in linea con le nostre intenzioni.

Vivere, e basta

Qual è il senso ultimo della vita? Vivere. La scuola Zen spiega questa cosa attraverso diversi racconti brevi chiamati koan. Uno che mi piace molto è questo:

Un giorno, un monaco chiese al maestro Seigne Gyoshi: “Quale fu l’intenzione di maestro Bodhidharma quando venne dall’India in Cina?
Seigen Gyoshi rispose: “Ha soltanto agito così com’era”.
Il monaco disse: “Maestro, potrebbe ridirmi quel che ha appena detto in parole che io sia in grado di capire?”
Seigen Gyoshi disse: “Venga qui!”
Il monaco si avvicinò al maestro.
Seigen Gyoshi gli disse: “Si ricordi chiaramente di questo”.

Affannarci a correre a destra e manca per fare mille cose ci distrae da quello che è lo scopo ultimo della nostra vita: realizzare quegli istinti naturali che sono posti dentro ognuno di noi fin dal primo giorno in cui veniamo al mondo, e che Maria Montessori ha posto al centro dell’educazione del cucciolo d’uomo.

Quando cerchiamo di rispondere a qualunque stimolo artificiale riceviamo dalla società, mettendo da parte i nostri ideali e i nostri istinti di vita, tralasciamo il motivo per cui siamo al mondo, cioè quello di crescere come individui e svilupparci come entità uniche in relazione agli altri e all’altro, dato quell’altro secondo le credenze di ognuno di noi.

Meditazione

Lo Zazen, ossia la meditazione seduti, è la pratica Zen per definizione. Sedersi in terra e osservare quello che succede attorno a noi, ascoltando il nostro corpo, un respiro dopo l’altro e quello che ci passa in mezzo, senza pensare ad altro, è così facile e così difficile al tempo stesso.

Ci sono diversi tipi di meditazione e ognuno può trovare il suo preferito. Nello Zen stesso esiste anche la meditazione camminata, addirittura pratica chiave in alcune scuole, ma la meditazione è presente anche in altre pratiche come per esempio lo Yoga – meditazione esso stesso – o i Riti Tibetani, esercizi fisici derivati dallo Yoga che stimolando il sistema endocrino ci mantengono in forma.

La pratica della meditazione può essere estesa a qualunque attività, dalla cucina, come insegna il maestro Dogen nelle Istruzioni a un cuoco Zen, alla gestione della casa, come nel Magico potere del riordino di Marie Kondo.

Cucinare, così come pulire o riordinare, sono due pratiche che possiamo trasformare in rituali di meditazione, semplicemente dedicando tutta la nostra attenzione a queste attività, e rallentando per viverle intenzionalmente.

Non attaccamento

Il non attaccamento è un concetto comune a Yoga, Buddismo e altre discipline orientali. Vivere senza attaccamento consente di distaccarsi dal ciclo delle reincarnazioni e liberarsi da questo.

Praticare il non attaccamento significa imparare ad accettare la vita, con i suoi accidenti e le sue magagne, per quello che essa è. Ed è nel viverla – nella pratica del vivere -, non nel ricercare un premio per averla vissuta, che troviamo la nostra illuminazione. Il premio è in definitiva il vivere stesso.

Godersi il momento

Il rito del the è una pratica giapponese che trasforma l’assunzione di una bevanda calda in una vera e propria cerimonia sociale che include in se stessa i principi chiave della meditazione e dell’essenzialità dello Zen. Senza necessità del rito, possiamo rendere Zen il momento del the semplicemente dedicando tutti noi tessi a esso.

Questa cosa lo possiamo fare in tanti altri momenti della nostra vita, per esempio rimuovendo ogni altro pensiero dalla nostra testa e trasformando in una cerimonia il momento di gioco con nostra figlia, o il rituale con cui la mettiamo a nanna.

L’importante è crearsi dei margini per avere il tempo di rallentare e riflettere su quello a cui stiamo per dedicarci o abbiamo appena vissuto.

Cercare la felicità in ciò che abbiamo

Uno dei principi più importanti dello Zen è quello della ricerca della felicità in ciò che abbiamo. Nello Zen la felicità non è data dal’esterno, ma dall’interno. E questa è anche una verità scientifica, come hanno provato gli studi del ricercatore Shawn Achor e come ha riassunto Robert Wiseman nella teoria Come se.

In sostanza, è sufficiente sorridere per essere tecnicamente più felici, ed è questa una delle prime sfide che ho messo insieme nel corso che propongo con questo blog.

La pratica Zen è essa stessa ricerca della felicità, anche se in questo caso la felicità non è l’oggetto della ricerca. In un certo senso, è ricerca senza un oggetto di ricerca, l’unico tipo di ricerca il cui ultimo fine è se stessa, ovvero l’atto del ricercare, che poi è quello che ci rende cercatori, indipendentemente da ciò che troviamo.

Una volta ancora, è la pratica l’oggetto stesso della nostra felicità. E questo è ancora più vero se pensi al concetto di flow come definito dal professor Mihaly Csikszentmihalyi: quando un’attività ti appassiona per davvero finisci spesso col perdere la concezione del tempo e dedicarti a essa più di quanto avevi previsto o quanto fosse lecito, che si tratti della lettura di un libro o di un progetto che fa parte del tuo lavoro.

Servi gli altri

Il concetto di servizio è insito nella dottrina Zen perché parte del nostro istinto di esseri umani. Siamo animali sociali chiamati a vivere all’interno di un branco contraddistinto dal supporto reciproco fra i membri che lo compongono. Il nostro branco sono la famiglia, la cerchia di amicizie, la comunità in cui viviamo e in fondo il mondo intero.

Una volta che abbiamo trovato la felicità nel nostro essere, non resta infatti che dedicarci ad aiutare gli altri a compiere lo stesso percorso. Condividere, donarsi, è quello che facciamo fin da bambini nei confronti di chi ci ha donato la vita e le sue attenzioni ancora prima di trovare un perché; è quello che facciamo con coloro che diventano nostri amici; ed è infine quello che facciamo quando smettiamo di voler bene a un’altra persona per iniziare ad amarla.

Il concetto di servizio è anche al centro del mio ebook gratuito su come costruire un progetto personale, Idea, Sogna, Crea.

In pratica

Mettere in pratica questi principi non è facile né immediato, ed è per questo che mi sono costruito una “palestra” come quella della Sfida di vivere intenzionalmente. Non è mio interesse diventare un monaco Zen, ma quello che faccio ogni giorno è cercare di radicare questi concetti nella mia vita, perché ognuno di essi è in grado di aiutarmi a discernere fra ciò che dà senso al tempo che passa e ciò che lo sciupa solamente.


  1. La meditazione seduta tipica dello Zen. 

Silvio Gulizia Twitter

Apprendista Jedi. Life hacker. Scrittore.