L’arte del compromesso
Ho smesso di studiare la tromba. O per meglio dire ho messo tutto in pausa, rassegnato a diventare uno di quei 50enni con un sogno da riprendere in mano. Avevo ricominciato lo scorso ottobre ben conscio del fatto che scendere a compromessi è una pessima idea, ma avevo deciso di mettermi alla prova. E così ho capito che l’arte del compromesso è un’abilità complessa da sviluppare.
Oggi compromesso lo usiamo con diversi accezioni. L’originale, kdal latino cum+promìttere significa promettere insieme, ovvero raggiungere un accordo in cui entrambe le parte si obbligano l’un l’altra, come nel compromesso per l’acquisto di una casa. Nel Seicento però i francesi iniziarono a usare il verbo nel senso di mettere a repentaglio, danneggiare. Due secoli dopo recepimmo il francesismo nella nostra lingua. All’epoca frequentare una donna per lungo tempo senza chiederla in moglie, ovvero legarsi reciprocamente con un compromesso (fidanzamento), era un atteggiamento che rovinava la reputazione della donna, che per l’appunto ne usciva compromessa. È facile immaginare il perché: probabilmente la si pensava compromessa perché oramai promessa in moglie, e quindi non più disponibile. Anche senza arrivare al fidanzamento, la donna era oramai compromessa.
Per studiare la tromba ho dovuto raggiungere un compromesso su due fronti: tempo e denaro. Tempo per studiare, denaro per le lezioni, i libri, sordina e leggio che non avevo più. All’inizio ho cercato il modo di trovare più soldi e più tempo da dedicare alla musica, ben conscio che il tempo non si trova, si spende e basta. Sapevo che sbagliavo, ma era uno sbaglio che volevo fare. A breve mi sono reso conto che c’era una terza risorsa da dividere fra piano e tromba: la mia capacità di attenzione. La svolta c’è stata quando mi sono reso conto che i miei progressi con il piano avevano iniziato a rallentare. Pur avendo allocato del tempo in più per la musica, il tempo libero che prima era parzialmente dedicato a suonare il pianoforte, studiare gli accordi, o leggere del piano jazz ora non c’era più. La mia capacità di studiare e suonare il pianoforte era compromessa dalla tromba. Se sono in grado di allocare più tempo, denaro e attenzione alla musica, ha più senso che lo faccia con il pianoforte jazz per arrivare più lontano, e comunque perché così avrò imparato quella teoria jazz di cui avrei bisogno anche per suonare la tromba. Però io voglio suonare entrambi, e quindi la tromba l’ho solo messa in pausa.
Un giorno un mio cliente, a cui proponevo un compromesso per rendere un progetto più interessante per l’audience che avevamo, mi ha detto: “Non puoi fare felici tutti”. E chiaramente quello da fare felice era il cliente, a costo di contentare tutti gli altri. Quando provi a far contenti tutti, necessariamente scontenti tutti. È esattamente quello che succede con il compromesso: quando si raggiunge un accordo c’è apparentemente soddisfazione da entrambe le parti, ma in realtà ognuna delle due ha dovuto mollare su qualcosa. Il prezzo della casa non è fisso come quello di uno spazzolino, per questo c’è bisogno di un compromesso. È però il contratto di lavoro l’esempio più interessante. Se vuoi lavorare in un call center, la retribuzione è fissa. Se invece discuti un contratto con un’azienda per una specifica posizione per cui ti sei candidato è verosimile che ci sia una contrattazione. Il compromesso è necessario quando raggiungere un accordo è più importante dei dettagli, per cui entrambe le parti sono disposte a lasciare qualcosa sul tavolo.
L’arte di fare compromessi è una e una sola: non fare compromessi. Applicarla è complicato, lo so. Occorre limitare il numero di cose su cui non accettiamo compromessi. Per esempio i tempi di consegna della casa, l’ammontare della retribuzione che vogliamo, o la serata pizza all’interno della dieta. In questo ci aiuta sviluppare un approccio minimalista, come racconto nel mio nuovo libro Minimalismi: meno cianfrusaglie, più divertimento (PS: se l’hai letto me la scrivi una recensione dove l’hai comprato? Grazie in anticipo).
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