Il vantaggio della felicità e come ottenerlo
La maggior parte della persone identifica la felicità con il piacere. Il raggiungimento di un obiettivo. Una soddisfazione che si consuma con un battito di ciglia. Non capisco perché non possano accettare la definizione che ne davano gli antichi greci: la felicità è la gioia nel percorso di realizzazione di un potenziale.
Questa definizione l’ho imparata da Shawn Achor, ricercatore americano e autore del libro Il vantaggio della felicità. Ed è perfettamente in linea con il mio ideale di vita, che cioè il premio è il viaggio.
Ribaltare così il concetto di felicità ti porta a trasformarla da un’emozione che lascia il tempo che trova in qualcosa di duraturo. Un bonus per la vita.
La differenza fra la gioia dei greci e il nostro piacere è nella durata dell’emozione. Il piacere è una sensazione che il tuo cervello registra al verificarsi di un evento e che lo spinge a elaborare la richiesta di ripeterlo. Quando finisci un gelato, esemplifica Achor, poi ne vorresti subito un altro, anche se il tuo corpo non ne ha bisogno.
La gioia invece perdura nel tempo e persevera anche in presenza del dolore. Quando corri, per esempio, senti la fatica che si accumula, ma provi comunque piacere dall’atto di macinare metri su metri. E quando ti fermi, nonostante la stanchezza, sei carico di adrenalina, sei soddisfatto e ti godi i risultati dell’esercizio fisico.
La gioia ha anche un’altra caratteristica: ci connette con il resto del mondo. In un certo senso, ci trasforma; ci spinge a creare un mondo migliore, spiega ancora Achor. Si compie nella nostra relazione con gli altri.
La felicità è una scelta
Gli studi di Achor indicano che la felicità si predetermina nella misura del 10 per cento. Che diavolo significa? Semplice: il 90 per cento della tua felicità dipende dalla tua mente. Da come essa processa le informazioni che riceve dal cervello1. Vale a dire, da quello che pensi dei tuoi progetti, delle tue condizioni finanziarie, della tua famiglia, e via dicendo.
Achor è giunto a questa conclusione dopo aver indagato quale fosse la percezione della felicità al di fuori degli Stati Uniti, dove aveva inizialmente limitato le proprie ricerche. Nel corso dei propri studi ha scoperto che ci sono uomini e donne in condizioni che definiremmo tragiche che sono persino più felici di benestanti e persone di successo.
Un elemento cruciale nel determinare questo stato d’animo è rappresentato dalle connessioni sociali. Parliamo di quelle reali, non di Facebook & co che ci propongono una realtà mediata a uso e consumo degli inserzionisti pubblicitari, nel tentativo di continuare a mungerci come ha fatto la TV fino a qualche anno fa. Le connessioni sociali sono i rapporti con la nostra famiglia, i nostri amici, le persone con cui ci relazioniamo ogni giorno. Comprese, certo, anche quelle che conosciamo solo sui social. La nostra felicità è profondamente influenzata da queste interazioni.
L’impatto della felicità su vita e lavoro
Ciò che produce felicità, ça va sans dir, aiuta a vivere meglio. Una volta “dopato” con questa sostanza, il nostro corpo reagisce positivamente ai messaggi che riceve dall’esterno. È un circolo vizioso: più sei felice e più il mondo ti sorride, rendendoti ancora più felice.
Svembra una gran stupidaggine anche a me, ma davanti alla scienza perfino la mia arroganza si tace.
Se abbiamo dei dati, prendiamo i dati, ma se tutto quello che abbiamo sono opinioni, prendiamo le mie. Jim Barksdale
Dunque, ti sarà evidente che il tuo umore è influenzato dagli altri, anche quando ti ritieni così tanto superiore da essere immune alle loro oscillazioni umorali. Se però tua moglie o tua figlia soffrono, se i tuoi genitori hanno dei problemi, se i tuoi amici sono nei guai, non mi dire che te ne vai in giro a festeggiare!
Per strano che ti possa sembrare, anche tu sei dotato di questo stesso potere, quello cioè di influenzare l’umore di chi ti sta attorno; di conseguenza, determinando il loro livello di felicità. Non ti è così evidente perché raramente ci prestiamo attenzione, ma tu pensa che sei in grado di trasmettere emozioni a uno yogurt2 e regolati di conseguenza.
L’uomo sereno procura serenità a se stesso e agli altri. Epicuro
Se scegli di essere felice, aiuterai gli altri a essere felici, e di conseguenza anche tu… Fico, vero? Mica è finita qui: le ricerche di Achor hanno dimostrato che essere felici aiuta a vivere più a lungo, tanto quanto fumare ti ammazza più in fretta3.
Stai aspettando i dati vero? Eccoli: le personae felici sono in grado di aumentare le propria produtività di quasi il 40 per cento, incrementare la creatività del 30 per cento e triplicare le vendite.
Achor ha determinato questi valori attraverso diversi studi, fra cui uno sull’effetto dell’ottimismo sugli imprenditori. Praticamente, ne è venuto fuori che quando è guidato dall’ottimismo l’imprenditore sviluppa una capacità di vedere opportunità e trovare soluzioni ai problemi superiore alla media dei propri colleghi.
Come coltivare la felicità
Ti svelo un trucco che ho usato spesso quando allenavo e che ogni tanto mi capita di ripetere con le persone dei team con cui lavoro quando qualcuno ha dei problemi. Io lo faccio sorridere.
Cioè, glielo chiedo espressamente. Poi ci scherzo sopra, inizio a fare battute stupide insistendo sul fatto che se non sorride farò delle cose inappropriate tipo prendere il malcapitato a calci nel sedere.
Sai cosa? Funziona! Quando il tuo interlocutore inizia a sorridere hai già vinto. Ha accettato il tuo principio: se sorridi, le cose andranno meglio. Succederà, ma in quel momento è impossibile che ci creda davvero, quindi per sorridere ha bisogno di una spinta. E tu gliela devi dare. Ogni tanto, quando le cose vanno male anche per me, mi guardo allo specchio e faccio lo stesso gioco 4.
Vabbe’, non è un trucco proprio mio. È quello che Richard Wiseman ha definito principio come se nel suo libro The As If Principle, tradotto male nell’italiano Cambia vita in sei comode lezioni. Siamo ancora una volta nel campo della scienza. In poche parole: se vuoi essere felice, inizia a sorridere. Guarda, non ci credevo neppure io, ma funziona proprio così. E qui ci ricolleghiamo a quanto studiato da Achor.
La tua mente determina il tuo umore nella misura in cui traduce i messaggi che arrivano al cervello dai tuoi sensi e stabilisce come ti devi sentire. Hai presente gli analgesici? Non è che ti curano e quindi non sentì più male, semplicemente si limitano a comunicare al tuo cervello che non c’è più dolore, così tu non hai la sensazione di provare dolore 5.
Due piccoli esperimenti che puoi provare:
- la prossima volta che ti fai la doccia, gira lentamente la manopola dell’acqua calda verso quella fredda, ripetiti che è una piacevole sensazione, e stai lì a osservare quello che succede;
- per un mese, ogni giorno scrivi un’email, telefona o parla con qualcuno per ringraziarlo, e nota cosa succede. Oppure, tieni un diario della gratitudine e scopri i benefici che da esso derivano.
In entrambi i casi, scoprirai come il tuo generare artificialmente della felicità a stretto uso e consumo del tuo io si ripercuota favorevolmente sul mondo esterno oltre che sul modo in cui tu percepisci le cose.
Un ulteriore consiglio. Smetti di guardare il telegiornale di primo mattino, o leggere altrimenti le news. Almeno, prova a evitare quelle negative. Le cose che fai di primo mattino infatti hanno un profondo impatto sulle ore successive. Non a caso, quando succede qualcosa di storto appena svegli, diciamo che si è rovinata la giornata. Per questo ho definito dei rituali del mattino e ho iniziato ad alzarmi all’alba per seguirli. Sai cosa? Funziona per davvero!
Prova per un mese a sostituire la fruizione delle news con qualcosa di positivo tipo la lettura della Bibbia o di un buon libro come le Meditazioni di Marco Aurelio, un po’ di esercizio fisico, o un’altra attività che ti dia godimento fisico nello svolgerla. Io quando non riesco a praticare Yoga e meditazione la mattina sento che la giornata mi pesa sulle spalle, e se non riesco a scrivere al mattino presto mi resta in cuore la sensazione di aver perso un’occasione.
Il messaggio più importante di Achor è che la felicità si può coltivare. Per trasformare il cervello di un bambino da pessimista in ottimista possono bastare 21 giorni, ha scoperto lo studioso, anche se è bene ricordarsi che per creare un’abitudine ci possono volere fino a due mesi.
Ora, con la testa che mi ritrovo io ci è voluto quasi un anno, ma magari con la tua ce la si cava con molto meno. In fondo, male che vada, ti dimenticherai di questo post fra una settimana. Se però cominci a sorridere adesso, capace che te lo ricordi un po’ di più.
Non esiste una strada verso la felicità. La felicità è la strada. Confucio
Adesso facciamo un’esperimento.
- Rispondi ora alla domanda: “Sei felice?”
- Chiudi gli occhi, sorridi e fai 12 profondi respiri, inspira ed espira, e poi rispondi alla domanda “Sei un pochino più felice?”.
È uno dei benefici della meditazione a cui non volevo credere e che la scienza mi ha convinto ad approfondire. Ed è una piccola dimostrazione che la felicità è una scelta. E tu puoi sceglierla.
PS: È un casino, io faccio una fatica boia a sorridere, però lo faccio tutti i giorni, almeno dentro di me.
- Questo è un concetto un po’ complesso, ma accontentati di sapere che il cervello è la materia grigia che contiene sostanze chimiche deputate a farci provare sensazioni, mentre la mente è l’insieme dei pensieri che interpreta le sensazioni e ce ne fa prendere coscienza. ↩
- E giò, lo yogurt è un essere vivente e ha dei sentimenti, come dimostrato da un recente test di cui trovi traccia nel documentario I am. ↩
- Siamo sempre confinati nel campo delle probabilità, ma è confortante sapere che con un paio di sorrisi in più puoi recuperare quel tempo che ti hanno tolto le sigarette. ↩
- Ti confesso: sono uno che sorride poco sul lavoro. Forse per questo quando lo faccio ha un effetto dirompente! ↩
- Sei sei dottore, mi perdonerai la semplificazione. ↩
Crescita personale e life hack
1 articolo / settimana al massimo. Solo contenuti originali.