13 principi Zen, senza lo Zen
È un periodo che sono sempre di corsa. Lo diciamo ogni volta che ci pare di non avere il tempo di fare tutto, e in tutto ci cimentiamo però, sempre con l’acqua alla gola. Solo che, non è mai un periodo, è sempre una serie di periodi, è anzi la vita che ha preso quel ritmo. Anche quando siamo impegnati per dargliene un altro.
Quando mi capita uno di quei periodi, quello che ho imparato a fare è ripartire da alcuni principi dello Zen che possono essere applicati nella propria vita anche senza conoscere o praticare lo Zen, cominciando a essere un po’ più generosi con se stessi.
Cos’è lo Zen
Doverosa premessa. Lo Zen è un particolare tipo di Buddismo. Un po’ come per il cristianesimo, infatti, anche il Buddismo ha diverse scuole di pensiero. Lo Zen è nato in Giappone come evoluzione della dottrina cinese Chan, a sua volta fondata sugli insegnamenti del maestro indiano Bodhidharma.
Questi versi di Bodhidharma ci danno un’ottima idea di cosa sia questo Zen:
Una speciale tradizione esterna alle scritture.
Non dipendente dalle parole e dalle lettere.
Che punta direttamente alla mente e al cuore dell’uomo.
Che vede dentro la propria natura e raggiunge la buddhità.
Spiegare il principio di buddhità è complesso e non è questo il luogo, ma, giusto per capirci, è quello stato in cui abbiamo compreso i perché di tutto. In occidente lo chiamiamo “risveglio” o “illuminazione”, perché al soggetto “risvegliato” o “illuminato” tutto della vita è finalmente chiaro. In termini Zen sarebbe il satori.
Il satori è essenzialmente un’esperienza improvvisa, e spesso viene descritto come un capovolgimento della mente, proprio come improvvisamente ruota l’asse della bilancia quando mettiamo nel piatto un peso superiore a quello dell’altro piatto. – ALAN WATTS, The Spirit of Zen
I principi dello Zen
Puoi trovare liste di principi Zen in ogni angolo di Internet, ma la verità è che… anzi, ci sono due verità, e io non ne possiedo alcuna. Da un lato infatti lo Zen ha un enorme numero di principi e regole, mentre dall’altro esso si basa sostanzialmente sulla ricerca di vivere il qui e ora e trovare la consapevolezza di sé.
Non ho studiato lo Zen così a lungo da permettermi di dare indicazioni precise, ma ci ho trovato dentro alcuni insegnamenti che ho potuto fare miei pur senza approfondire la dottrina o diventare uno studente Zen.
Qui ho stilato una lista di alcuni principi dello Zen – tradotti in termini pratici – che mi hanno aiutato a cambiare il mio approccio alla vita:
- Mantenere una mente di principiante
- Fare di meno…
- … Per fare meglio
- Dedicarsi completamente a ciò che stiamo facendo
- Fare le cose lentamente e intenzionalmente
- Concentrarci sulla pratica, non sul risultato
- Destinare del tempo a quello che conta
- Vivere la vita, e non girarci attorno
- Meditare, come forma di allenamento per la vita
- Non essere attaccati ad alcuna cosa
- Godersi il momento
- Trovare la felicità in ciò che abbiamo
- Servire gli altri
La mente di principiante
Allo studente Zen il maestro richiede una mente vuota da preconcetti e invece sempre disposta all’ apprendimento. Ecco come descrive questo tipo di atteggiamento il maestro Shunryu Suzuki:
Nella mente di un principiante ci sono miriadi di possibilità. In quella degli esperti, ce ne sono pochissime.
Il principiante è pre-disposto all’apprendimento e sempre si domanda cosa ci sia da imparare dall’esperienza che sta vivendo, pronto a meravigliarsi di essa.
Meno è meglio
Minimalismo e Zen vanno a braccetto: mentre il primo è solo recentemente assurto a stile di vita, il secondo ha sempre incarnato il primo.
Nella mente di noi tutti il minimalismo è – erroneamente – possedere meno cose, mentre invece esso è un metodo per dedicare le nostre risorse solo a ciò che è essenziale. Così lo Zen impone la rinuncia a tutto quanto è superfluo, limitando i possedimenti del monaco buddista a tunica e ciotola per mangiare e bere.
Una cosa alla volta
La dottrina Zen insegna a non dedicare la propria attenzione a una cosa fino a quando non abbiamo concluso quella a cui ci si sta dedicando. Il che accade, a livello mentale, circa una volta su due a ognuno di noi. Chi non risponde alle telefonate o ai messaggi durante i meeting di lavoro, o controlla Facebook mentre parla al telefono o guarda la TV?
Quando cammini, cammina. Quando mangi, mangia. – PROVERBIO ZEN
Rallentare
Nel concetto di rallentamento lo Zen introduce quella intenzionalità che è un po’ all’origine di questo blog. In un mondo che sfugge via, sempre di corsa, l’unico modo di godersi quello che ci è dato è rallentare.
Rallentare significa inserire del tempo per pensare fra gli stimoli che riceviamo e le reazioni con cui rispondiamo. Questo ci consente di agire in accordo con le nostre intenzioni, e non impulsivamente.
Concentrati sulla pratica
Qui mi addentro un attimo nei dettagli, chiedendoti perdono per la mia inadeguatezza a spiegare nei dettagli certe cose. Voglio però darti un’idea di cosa significhi la pratica Zen.
Nello Zen la pratica è un tutt’uno con la dottrina. La dottrina stessa è pratica. Puoi trovare l’illuminazione anche se non sai cosa sia – anzi, non devi sapere cosa sia l’illuminazione per riuscire davvero a trovarla. Se però non la cerchi, non la trovi. Anche se il cercarla ti preclude il trovarla. Solo se pratichi Zazen 1 e osservi gli insegnamenti dei maestri, allora sei sulla strada verso l’illuminazione.
Questo trovo che sia uno dei principi più importanti e per questo motivo la Sfida di Vivere Intenzionalmente è costruita come una pratica da ripetere costantemente per tenerci in allenamento.
Rituali
I rituali aiutano a dare importanza a quello a cui ci dedichiamo. Concatenando azioni nei nostri rituali le aiutiamo a proteggersi l’un l’altra dagli accidenti della vita. Se una cosa vale la pena includerla in un rituale, allora é importante, e allora siamo impegnati nel proteggerla.
Partire dalla costruzioni di rituali per il mattino e la sera è il modo migliore per prendere dimestichezza con questo approccio.
Destina il tempo a ciò che conta
Destinare del tempo a ciò che abbiamo scelto essere importante per noi è l’unico modo di trovare del tempo per ciò che dà senso alla nostra vita.
Bloccare del tempo sul proprio calendario per le cose importanti è l’equivalente di ciò che fanno i monaci Zen con la pratica della meditazione.
Destinare del tempo ogni giorno ai nostri rituali significa costruire una casa per ciò che in linea con le nostre intenzioni.
Vivere, e basta
Qual è il senso ultimo della vita? Vivere. La scuola Zen spiega questa cosa attraverso diversi racconti brevi chiamati koan. Uno che mi piace molto è questo:
Un giorno, un monaco chiese al maestro Seigne Gyoshi: “Quale fu l’intenzione di maestro Bodhidharma quando venne dall’India in Cina?
Seigen Gyoshi rispose: “Ha soltanto agito così com’era”.
Il monaco disse: “Maestro, potrebbe ridirmi quel che ha appena detto in parole che io sia in grado di capire?”
Seigen Gyoshi disse: “Venga qui!”
Il monaco si avvicinò al maestro.
Seigen Gyoshi gli disse: “Si ricordi chiaramente di questo”.
Affannarci a correre a destra e manca per fare mille cose ci distrae da quello che è lo scopo ultimo della nostra vita: realizzare quegli istinti naturali che sono posti dentro ognuno di noi fin dal primo giorno in cui veniamo al mondo, e che Maria Montessori ha posto al centro dell’educazione del cucciolo d’uomo.
Quando cerchiamo di rispondere a qualunque stimolo artificiale riceviamo dalla società, mettendo da parte i nostri ideali e i nostri istinti di vita, tralasciamo il motivo per cui siamo al mondo, cioè quello di crescere come individui e svilupparci come entità uniche in relazione agli altri e all’altro, dato quell’altro secondo le credenze di ognuno di noi.
Meditazione
Lo Zazen, ossia la meditazione seduti, è la pratica Zen per definizione. Sedersi in terra e osservare quello che succede attorno a noi, ascoltando il nostro corpo, un respiro dopo l’altro e quello che ci passa in mezzo, senza pensare ad altro, è così facile e così difficile al tempo stesso.
Ci sono diversi tipi di meditazione e ognuno può trovare il suo preferito. Nello Zen stesso esiste anche la meditazione camminata, addirittura pratica chiave in alcune scuole, ma la meditazione è presente anche in altre pratiche come per esempio lo Yoga – meditazione esso stesso – o i Riti Tibetani, esercizi fisici derivati dallo Yoga che stimolando il sistema endocrino ci mantengono in forma.
La pratica della meditazione può essere estesa a qualunque attività, dalla cucina, come insegna il maestro Dogen nelle Istruzioni a un cuoco Zen, alla gestione della casa, come nel Magico potere del riordino di Marie Kondo.
Cucinare, così come pulire o riordinare, sono due pratiche che possiamo trasformare in rituali di meditazione, semplicemente dedicando tutta la nostra attenzione a queste attività, e rallentando per viverle intenzionalmente.
Non attaccamento
Il non attaccamento è un concetto comune a Yoga, Buddismo e altre discipline orientali. Vivere senza attaccamento consente di distaccarsi dal ciclo delle reincarnazioni e liberarsi da questo.
Praticare il non attaccamento significa imparare ad accettare la vita, con i suoi accidenti e le sue magagne, per quello che essa è. Ed è nel viverla – nella pratica del vivere -, non nel ricercare un premio per averla vissuta, che troviamo la nostra illuminazione. Il premio è in definitiva il vivere stesso.
Godersi il momento
Il rito del the è una pratica giapponese che trasforma l’assunzione di una bevanda calda in una vera e propria cerimonia sociale che include in se stessa i principi chiave della meditazione e dell’essenzialità dello Zen. Senza necessità del rito, possiamo rendere Zen il momento del the semplicemente dedicando tutti noi tessi a esso.
Questa cosa lo possiamo fare in tanti altri momenti della nostra vita, per esempio rimuovendo ogni altro pensiero dalla nostra testa e trasformando in una cerimonia il momento di gioco con nostra figlia, o il rituale con cui la mettiamo a nanna.
L’importante è crearsi dei margini per avere il tempo di rallentare e riflettere su quello a cui stiamo per dedicarci o abbiamo appena vissuto.
Cercare la felicità in ciò che abbiamo
Uno dei principi più importanti dello Zen è quello della ricerca della felicità in ciò che abbiamo. Nello Zen la felicità non è data dal’esterno, ma dall’interno. E questa è anche una verità scientifica, come hanno provato gli studi del ricercatore Shawn Achor e come ha riassunto Robert Wiseman nella teoria Come se.
In sostanza, è sufficiente sorridere per essere tecnicamente più felici, ed è questa una delle prime sfide che ho messo insieme nel corso che propongo con questo blog.
La pratica Zen è essa stessa ricerca della felicità, anche se in questo caso la felicità non è l’oggetto della ricerca. In un certo senso, è ricerca senza un oggetto di ricerca, l’unico tipo di ricerca il cui ultimo fine è se stessa, ovvero l’atto del ricercare, che poi è quello che ci rende cercatori, indipendentemente da ciò che troviamo.
Una volta ancora, è la pratica l’oggetto stesso della nostra felicità. E questo è ancora più vero se pensi al concetto di flow come definito dal professor Mihaly Csikszentmihalyi: quando un’attività ti appassiona per davvero finisci spesso col perdere la concezione del tempo e dedicarti a essa più di quanto avevi previsto o quanto fosse lecito, che si tratti della lettura di un libro o di un progetto che fa parte del tuo lavoro.
Servi gli altri
Il concetto di servizio è insito nella dottrina Zen perché parte del nostro istinto di esseri umani. Siamo animali sociali chiamati a vivere all’interno di un branco contraddistinto dal supporto reciproco fra i membri che lo compongono. Il nostro branco sono la famiglia, la cerchia di amicizie, la comunità in cui viviamo e in fondo il mondo intero.
Una volta che abbiamo trovato la felicità nel nostro essere, non resta infatti che dedicarci ad aiutare gli altri a compiere lo stesso percorso. Condividere, donarsi, è quello che facciamo fin da bambini nei confronti di chi ci ha donato la vita e le sue attenzioni ancora prima di trovare un perché; è quello che facciamo con coloro che diventano nostri amici; ed è infine quello che facciamo quando smettiamo di voler bene a un’altra persona per iniziare ad amarla.
Il concetto di servizio è anche al centro del mio ebook gratuito su come costruire un progetto personale, Idea, Sogna, Crea.
In pratica
Mettere in pratica questi principi non è facile né immediato, ed è per questo che mi sono costruito una “palestra” come quella della Sfida di vivere intenzionalmente. Non è mio interesse diventare un monaco Zen, ma quello che faccio ogni giorno è cercare di radicare questi concetti nella mia vita, perché ognuno di essi è in grado di aiutarmi a discernere fra ciò che dà senso al tempo che passa e ciò che lo sciupa solamente.
- La meditazione seduta tipica dello Zen. ↩
Crescita personale e life hack
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