Il giusto atteggiamento
Secondo una delle persone che più stimo al mondo, basta pregare in modo intenso per una ventina di minuti tutti i giorni (come si è fatto, peraltro, per millenni in tutto il mondo molto prima che iniziassero tutte ‘ste minchiate della mindfulness) per semplificare prima e aumentare dopo la capacità di concentrazione e avere praticamente tutti i vantaggi fisici e spirituali che si possono auspicare. Il che, secondo la mia esperienza, è palesemente falso, anche perché, a essere pignoli, pregare non è la stessa cosa che meditare.
Il primo a trattare la meditazione come un processo mentale fu il priore dell’ordine dei certosini Guigo II nella Scala Paradisi (XII secolo), in cui identificava quattro passaggi per arrivare a contatto con Dio:
- lettura della Bibbia;
- meditazione sulla Parola;
- preghiera;
- contemplazione.
Ora, però, il punto è questo: a volte giudichiamo qualcosa sulla base delle nostre limitate conoscenze, e quando lo facciamo caschiamo in quell’errore di cui tratta l’epistemologo ed ex trader Nassim Taleb ne Il cigno nero.
Come cercare
Quando gli esploratori europei giunsero in Australia e si trovarono di fronte a un animale simile al cigno, ma dalle piume nero, esclusero a priori che si trattasse di un cigno. Nessuno al mondo (nella loro parte di mondo) aveva mai visto un cigno nero, e dunque supponevano che fosse un altro animale. Solo che quello era davvero un cigno. Tutti noi, quando giudichiamo qualcosa sulla base delle nostre limitate conoscenze, compiamo lo stesso errore. Ora, è un po’ complicato giudicare sulla base di quello che non sappiamo, ma in effetti è questo il giusto atteggiamento dei cercatori di senso. L’unico modo di cercare che porta a trovare qualcosa di nuovo è infatti essere predisposti a farci sorprendere, ma gli adulti sono tutti colombi che cercano le Indie e trovano le Americhe.
Una storia personale
Ogni tanto faccio questo gioco con mia figlia: mentre parliamo o ci dedichiamo a un lavoretto, invoco una parola o tiro fuori un oggetto a lei completamente ignoto e ne osservo la reazione, senza darle informazioni utili a decifrare l’enigma. Non è farina del mio sacco, ahimè, ma l’ho letto in Come parlare ai bambini perché ti ascoltino e come ascoltarli perché di parlino: quando un bambino ti fa una domanda, non dargli subito una risposta, ma domandagli “secondo te?” Dargli subito una risposta significa privarlo della propria creatività, impedirgli di indagare la realtà in cerca di nuove conoscenze con le armi che lui ha. Mia figlia quando casca nella trappola che le ho teso mi guarda ripetendo e sottolineando la parola che ho appena usato, oppure mi chiede cos’è o a cosa serve l’oggetto che ho appena tirato fuori, con un atteggiamento del tipo “e questa dove l’hai presa?” O anche “stai cercando di fregarmi?” È divertentissimo e impara un sacco di cose.
Come trovare
In Mente Zen, mente di principiante, Shunryū Suzuki indica ai suoi discepoli la necessità di essere aperti nei confronti della meditazione come lo sono i novizi, perché nella mente del principiante ci sono diverse possibilità che mancano invece in quella dell’esperto.
Questo è utile anche a spiegare un concetto molto in voga nel mondo delle startup: se vuoi fare una startup di successo, devi mandare in bancarotta il leader del mercato. Disruptive, si dice. Significa creare un momento di rottura, di frattura con il passato, interrompere la normalità con qualcosa di inatteso e in grado di cambiare completamente le regole del gioco. Un cigno nero è disruptive. Le startup sono disruptive perché si possono concedere il lusso di concentrarsi su ricerca e sviluppo. Perché partono da un assunto, lo mettono a confronto con il mercato, tornano sui propri passi, modificano, se non cambiano completamente direzione, e vanno di nuovo sul mercato, fino a quando o ci lasciano le penne o mandano gambe all’aria il più grosso di tutti. Un’azienda fatta e finita questo non può permetterselo per oggettive ragioni. La stessa Apple, che apparentemente è disruptive, in realtà ha inventato davvero poco o nulla, ma ha avuto la prontezza di riflessi di osservare le cose e comprendere quando fosse il momento giusto per introdurre una novità, lasciando sperimentare ad altri e prendendo in alcuni casi delle cantonate (poi dimenticate da tutti, perché così facendo ha avuto successo in più di un’occasione).
In pratica
Ora, può anche essere che tu non ci trovi niente di interessante o attraente nei confronti della meditazione, ma se non hai mai meditato con il giusto atteggiamento non hai mai neppure sperimentato di che si tratta. Giudicando ciò che non conosci sulla base di quello che conosci, come puoi trovare quello che è? Al massimo puoi trovare o non trovare quello che cerchi. E così, se cerchi un cigno bianco, e trovi un cigno nero, allora pensi che quello non sia un cigno.
Ho speso forse la maggior parte del tempo che sto impegnando nello scrivere il mio libro sulla meditazione nel tentativo di spiegare come predisporsi nei confronti di essa, e non perché io sia molto bravo a sperimentare cose nuove (anche se sì, sono parecchio curioso e questo mi aiuta), ma perché ci ho messo almeno un paio di anni prima di capirlo e quando finalmente l’ho compreso mi è cambiato tutto (e sì, sono anche cocciuto come un mulo certe volte, e volevo a tutti i costi capire).
Il giusto atteggiamento, nei confronti di ogni cosa, penso che sia stare lì a osservare e chiedersi il perché e il per come delle cose. Senza dare per scontato alcun assunto. Senza prendere per oro colato quello che sappiamo, o crediamo di sapere. Anzi, domandandoci se quello che non sappiamo possa avere un senso. Dimenticare quello che sappiamo mi pare il modo migliore per apprendere cose nuove.
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