Qui e ora
Il crescente numero di distrazioni e insoddisfazioni che tutti percepiamo porta sempre più persone a interrogarsi sul significato di qui e ora. Prova a definirlo a parole tue, prima di leggere questo articolo. Io ho fatto così e le due precedenti versioni di questo testo ora giacciono incomprese nel cestino.
Cosa significa qui e ora
Qui sei tu. Nel momento esatto in cui abbiamo percezione di un qui, ce l’abbiamo perché ne siamo coinvolti. Altrimenti sarebbe lì, o da un’altra parte. Qui è qualcosa di immateriale che improvvisamente si materializza. Io, tu, tutti gli altri esistiamo solo qui. Da un’altra parte non ci siamo. Qui è l’essenza stessa di noi stessi. Qualcosa di più dell’io, perché definisce qualcosa a noi incomprensibile. Io sono qui, diciamo. Qui dunque è esattamente quello che siamo.
Ora è qualcosa di cui raramente facciamo esperienza. Perché nel momento stesso in cui ne abbiamo percezione, non c’è già più. In un certo senso non esiste neppure, perché non potremmo avere percezione di ora se ora non fosse esistita in precedenza. Dunque, ora è un po’ prima che ne abbiamo percezione. Per averne percezione, non dobbiamo cercarla, ma viverla. In un certo senso, possiamo solo viverla, e avere percezione di averla vissuta.
Qui e ora insieme descrivono la nostra essenza in un dato momento.
Vivere nel presente
Vivere nel qui e ora significa essere nel momento presente – prima ancora di accorgerci di averlo vissuto – , liberi da distrazioni e insoddisfazioni.
Non c’è momento migliore di questo per essere felice. La felicità è un percorso, non una destinazione.
Madre Teresa di Calcutta
Per vivere nel presente dobbiamo liberarci da distrazioni e insoddisfazione.
L’origine delle distrazioni
Ci sono due tipi di distrazioni con le quali combattiamo tutti i giorni:
- quelle che provengono dall’esterno;
- quelle che hanno origine nella nostra mente.
Nei confronti delle prime possiamo intervenire fino a un certo punto, perché non sono completamente in nostro controllo. Nei confronti delle seconde invece siamo noi che gestiamo le danze.
La nostra mente è costantemente attratta da passato e futuro. Quando si trova in uno di questi due stati essa è pervasa il più delle volte da sensazioni come rimorso, rimpianto, ansia o stress. In altri casi la presenza di un piacere in un tempo diverso da quello in cui siamo ci genera nostalgia o impazienza. Insomma, stare nel passato o nel futuro mi pare non ci faccia mai bene.
Altre volte la nostra mente è distratta dal tentare di spiegare situazioni con i ragionamenti di altri. Ci immedesimiamo nel partner, nei figli, nel capo ufficio per spiegare a noi stessi il perché dei loro atteggiamenti, nell’illusione di riuscire a capire cos’è successo e di riuscire così a risolvere il problema che abbiamo. Quando però veste i panni di un’altra mente, non è che la nostra mente si dimentichi di essere se stessa, e così altro non fa che tirare fuori una spiegazione in grado di giustificare quel sentimento di rabbia o affetto che vorremmo abbracciare. Ci fa credere quello che vogliamo credere.
Altre volte ancora immaginiamo di essere altrove a fare altro. Pensiamo alle vacanze appena trascorse o che verranno, alla partita di questa sera o alla finale del 2010, e non siamo più qui dove siamo ora. Siamo lì e qui, o per meglio dire più lì che qui. Dunque, non siamo il noi di ora, ma un noi di un altro momento. E non siamo neppure ora, ma in un tempo in cui non ci è più o non ci è ancora dato di fare esperienza, ma in cui invece vorremmo trovarci.
Solo quando la nostra mente è concentrata su se stessa, riusciamo veramente a fare esperienza del presente. A me questo succede per esempio quando scrivo. Sarà per questo che scrivere mi fa sentire felice come un bambino. Che poi, questo felice come un bambino, indica proprio quella capacità di godere delle cose quando esse ci sono. Il che ci aiuta anche a non generare rimpianti.
Per fare esperienza di questo qui e ora un po’ più spesso è utile imparare a meditare. Quando mediti, finalmente la tua mente è concentrata su una cosa sola e riesce a tenere a freno il rumore di sottofondo generato dai tuoi pensieri. Ritornare al respiro non è solo un’esercizio che funziona durante la pratica, ma anche un ottimo metodo per riprendere il controllo di una situazione quando ti rendi conto che ti sta sfuggendo di mano. Ed è il modo migliore che conosco per godersi il qui e ora nella vita di tutti i giorni.
L’origine dell’insoddisfazione
Nel buddismo c’è una parola che viene usata per descrivere tutto quanto ci generi insoddisfazione: Dukkha. Significa letteralmente difficile (du) da sopportare (kha). In generale, noi la chiamiamo sofferenza. Nello specifico, gli diamo nomi diversi a seconda dei punti di vista e delle situazioni. Usiamo parole come ansia, stress, tristezza o miseria, ma quello che vogliamo indicare è sempre un generale stato di insoddisfazione. Questo è generato dalla distanza fra le realtà com’è e come invece se l’era immaginata la nostra mente. Pensavamo di vincere, e stiamo perdendo. Credevamo ci amasse, invece esce con un altro. Volevo dimagrire, invece abbiamo perso solo due etti.
Benefici del qui e ora
Imparare a vivere il qui e ora, oltre a darci una maggior consapevolezza di quello che stiamo vivendo, ci aiuta a godere di cose che altrimenti ci sfuggirebbero, come per esempio il sapore del the a colazione o il canto degli uccellini sugli alberi lungo la strada che porta al lavoro.
Quando cammini, cammina. Quando mangi, mangia.
Proverbio Zen
Altri vantaggi che trovo nello stare nel presente sono migliori relazioni con le altre persone e più lucidità nel riconoscere i fatti per quello che sono.
Non è necessario iniziare a meditare per vivere il qui e ora, anche se trovo che aiuti e non poco, ma basta cominciare a prestare attenzione a quello che facciamo quando lo facciamo.
Ti lascio con alcune idee per sperimentare il qui ora:
- cercare di definire il sapore di quello che stai mangiando o bevendo, e poi gustartelo boccone dopo boccone, sorso dopo sorso;
- riconoscere le sensazioni che il tuo corpo prova quando sei disteso a letto prima di addormentarti;
- praticare yoga, riti tibetani o meditazione;
- evitare il multitasking (che per altro uccide);
- fare una passeggiata, magari parcheggiando a 500 metri dal lavoro, ascoltando i suoni della natura, analizzando la consistenza del terreno su cui cammini, e prestando attenzione alla meccanica del tuo camminare;
- essere grati per quello che ti succede quando ti succede, e magari tenendo un diario della gratitudine;
- ascoltare ogni parola, quando ti parlando, evitando di rispondere (e questa a mio avviso è davvero la cosa più difficile).