Rallentare

Frena. Per leggere questo post hai bisogno di tempo. Proprio una delle cose che non hai, vero? Il fatto è che sei sempre di corsa, come me, e non riesci mai a smarcare tutti gli impegni della tua agenda. E anzi, spesso il tempo che ti manca è quello per le cose più importanti, vero?

Ho scritto tempo fa in un post che dire “non ho tempo” equivale a mentire a se stessi. Credo che tu non possa più fare finta di niente: il tempo è finito!1

Come guarire dal male del nostro tempo

L’unica soluzione a questa malattia del tempo di cui è vittima la nostra generazione è rallentare. Togli il piede dall’acceleratore, fai un respiro profondo, stacca una mano dal volante, sporgi il gomito fuori dal finestrino e goditi il viaggio.

“Siamo sempre tutti di fretta e non c’è mai il tempo di fare quello che uno vorrebbe” mi ha detto qualche settimana fa un’amica incrociata in ascensore. Bisogna rallentare, non mi pare proprio che ci sia altra scelta.

Spendere intenzionalmente il proprio tempo

Rallentare significa cominciare a meditare sul tempo che viviamo, anziché essere perennemente concentrati sulle cose con cui vorremmo riempire questo tempo. Vuol dire spendere intenzionalmente il tempo che ci rimane, che è poi l’unico tempo a nostra disposizione.

Infatti il tempo si spende e basta. Quando l’hai speso, non c’è più. Per questo lasciare che passi senza agire per cambiare le cose che non ti vanno bene equivale a suicidarsi lentamente ogni giorno. Per questo ogni mattina mi alzo domandandomi cosa possa fare durante la giornata  per scrivere la storia che mi sono immaginato compilando la mia copia del modello narrativo di Campbell.

A volte mi rendo proprio conto che l’unica cosa da fare è rallentare. Prendermi del tempo per respirare. Prendermi del tempo per capire dove voglio andare, e guardare dove sto andando, e verificare se le due cose coincidono.

C’è un legame stretto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio. […] Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria, il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio. Milan Kundera

Il movimento slow

Il movimento slow è iniziato nel settore gastronomico perché siamo arrivati a correre così tanto che non abbiamo più neppure il tempo di mangiare. Che poi è l’attività principale che ci permette di campare. Lanciato dall’italiano Carlo Petrini nel 1986 come reazione al fast food, lo slow food ha conquistato in fretta migliaia di locali in tutto il mondo. In queste locande si consuma solo cibo fresco e prodotto localmente, in maniera sostenibile e con amore da parte del contadino.

Oggi il termine slow viene accostato a diverse discipline e attività, e tocca hobby, esercizio fisico, modo di vestirsi, modi di viaggiare, di gestire la propria famiglia, di lavorare e più in generale i nostri rapporti con gli altri2.

Quando ci si dimentica di rallentare, quando si accelerano cose che non vanno accelerate, c’è sempre un prezzo da pagare. Carl Honoré

Il movimento lento è centrato sulla costruzione di relazioni significative, in contrapposizione alle relazioni veloci figlie della nostra era, fatta di comunicazioni tramite  strutture sociali che per darci accesso a tutto ci tolgono quello che è più importante e pienamente soddisfacente.

Il grande benefico di rallentare è riappropriarsi del tempo e della tranquillità di creare connessioni significative, con le persone, con la cultura, con il lavoro, con la natura, con il nostro corpo e con la nostra mente. Carl Honoré

Vivere lentamente

Lo slow living si sta diffondendo oggi proprio come ha fatto lo slow food trenta anni fa. Lo sta facendo attraverso diversi aspetti della nostra vita e sta lentamente diventando di moda. Una di quelle mode che una volta tanto mi sono sentito di abbracciare.

Imparare a meditare ha rappresentato per me il punto di partenza per cominciare a vivere intenzionalmente. Sto apprendendo lentamente come si rimuove dalla vita tutto quanto non è essenziale, per raggiungere quel minimalismo esistenziale di cui ti ho raccontato in un recente post.

Meditare ti aiuta a rallentare. Impari ad accettare la vita così com’è: con i suoi pensieri che arrivano e se ne vanno. Sempre più complicata di come te l’aspettavi e sempre diversa da come te l’eri immaginata. Per certi aspetti, è questo il bello di vivere.

Rallentare significa focalizzarsi sulle cose fondamentali; su quelle che determinano il significato della nostra esistenza e delle nostre attività, lavoro compreso. Sì, ma come determinarle?

Il principio di Pareto

In questo mi ha aiutato l’economista Vilfredo Pareto, i cui studi sulla distribuzione del reddito hanno portato alla definizione del principio 80/20. Esso nasce e si sviluppa in ambito economico e scientifico, ma è applicabile in più o meno qualunque aspetto della vita. E a essa stessa. Il venti per cento delle cose che facciamo determinano i nostri risultati, il significato che la nostra vita ha. Non è quindi necessario affannarsi senza sosta per spuntare tutti i task presenti sulle nostre to-do list. È sufficiente rallentare e concentrarsi sulle poche cose che determinano il significato del tempo che spendiamo ogni giorno, rifiutando che esso possa essere sciupato.

Rallentare ha senso nella vita, ma trovo che ne abbia – e forse anche di più – sul lavoro. Per determinare cos’è che fa differenza devi spendere del tempo nell’analisi di ciò che fai, interrogandoti sul valore che generi e se quello che stai facendo determina una crescita. Per te, in primis, e per la tua azienda, poi.

La velocità di crociera

Ora che ci siamo presi il tempo per riflettere su questa cosa, vediamo come uscire dalla corsia di sorpasso per andare a prendere quella strada di campagna che ci porterà forse nello stesso posto, forse altrove, ma che in ogni caso ci farà divertire molto di più lungo questo viaggio e ci aiuterà a dargli un senso.

Parti da te

Il punto di partenza è necessariamente la consapevolezza di quello che sei, che non è e non può essere quello che fai. Per scoprirlo io mi sono posto 13 domande. Queste mi hanno permesso di rendermi conto che non sono quello che faccio ogni giorno, e questo richiede quindi un mio impegno per arrivare a fare quello che devo fare per dimostrare di essere quello che sono prima che sia troppo tardi. Complicato, ma se ci ragioni un po’ ti parrà evidente. Così è nato questo blog e il progetto che ci sta dietro.

Racconta la tua storia

Per avere un’idea di ciò che devo fare per essere quello che sono, cioè uno che scrive, oltre a scrivere mi è stato subito evidente che mi sarei dovuto occupare anche di altre cose, a partire dall’essere letto perché non c’è scrittura se manca il lettore. Così ho cominciato a raccontarmi la mia storia e per farlo ho utilizzato lo schema narrativo di Campbell, che mi è servito a identificare le tappe del mio viaggio e le difficoltà che avrei incontrato e incontrerò lungo il tragitto. Nel post linkato trovi un modello bianco che puoi compilare.

Fai un piano minimale

L’approccio che ha funzionato per me, perché mette insieme tutte queste riflessioni, è la teoria dei MIT. I MIT, most important task, sono gli obiettivi quotidiani, settimanali, mensili e annuali per realizzare il proprio progetto. Per avanzare ogni giorno. Per dimostrare ogni giorno che sei in grado di destinare del tempo alle cose importanti. E quindi rallentare per avere il tempo di mettere in pratica quello su cui hai rimuginato tutto questo tempo.

Inizia dal 20 per cento

A Google fanno una cosa che mi sembra molto utile riadattare all’interno di questo scenario. La chiamano “20 per cento”. Ci hanno costruito prodotti come Gmail, Google News e Adsense. Ogni impiegato dedica il 20 per cento del proprio tempo a progetti che nessun superiore controlla, su cui ha scelto di lavorare perché crede che possano generare valore. Così dovrebbe essere delle nostre vite: dobbiamo dedicarne un 20 per cento a lavorare su un progetto che abbia senso per noi, senza controllo alcuno.

Io cerco di farlo. Questo blog è scritto interamente nel mio 20 per cento. Che poi è in realtà un sette per cento. Su questo però sto cercando di costruire qualcosa di nuovo. Magari non sarà un successo, ma quello che sarà mi avrà insegnato a spendere bene il mio tempo.

Freno a mano

Puoi cominciare a usare la lentezza per sbloccare la tua creatività sin da ora. Ognuno può farlo. Comincia individuando del tempo per un progetto che non hai mai realizzato.

Non sai da dove cominciare? Inizia tagliando la TV; decidendo a priori come vestirti o cosa mangiare, per ridurre i tempi di scelta, lavatrici, spesa e via dicendo; elimina Facebook dallo smartphone; prenditi una vacanza da Facebook per una settimana; nascondi la PlayStation.

Metti il quaderno per il tuo progetto al posto del telecomando della TV. L’app per tenere traccia dei tuoi progressi nel dock del tuo iPhone. Metti la sveglia un’ora prima e blocca sul calendario del tempo per il tuo progetto.

Prima ancora, però, prova a fare questo esercizio. Blocca sul calendario di domani un’ora per riposarti. Nel senso, non fare nulla, solo pensare al tuo progetto e come sarebbe la tua vita se lo realizzassi. Sempre domani, pianifica di mangiare qualcosa cucinato da te. E mentre lo mangi, non fare altro. Mangia, e basta. Durante tutta la giornata, cerca la serendipità intorno a te; qualcosa che non c’entra nulla, che sembra capitata per caso, e che invece magari chissà.

E se ti senti bloccato, alzati e fatti una passeggiata all’aperto. Ti sfido: fallo ora!


  1. Proprio come il titolo del mio intervento sul time management a iQuii ;) 
  2. Compreso sì, il sesso!