Non è come pensi
Conoscere i propri limiti è il primo passo per superarli, ma a volte questi limiti non sono poi così evidenti perché ci fidiamo della nostra testa. Tu dici: e di che altro dovrei fidarmi? Vediamo.
Un paio di giorni fa, chiacchierando con una ragazza poco più giovane di me e con un percorso professionale simile al mio, le ho svelato come dopo i 35 anni – quando finalmente uno penserebbe fosse giunto il momento di divertirsi – inizino gli acciacchi, e come dopo i 40 riaffiorino quelle passioni giovanili che sembravano sopite, ma erano solo in pausa. Sai com’è, uno poi deve concentrarsi gioco forza su lavoro e famiglia. E allora inizi a porti domane esistenziali tipo: perché non ho fatto il musicista?
Lei: Puoi ancora farlo.
Io: Oramai non più.
Lei: Perché no?
Io: Non ci sono più le condizioni. Ho un lavoro, dei figli, una famiglia, ho passato i 40 e non ho più tanto tempo davanti come ne avevo da ragazzo e non ho neppure più le energie di una volta.
Il discorso è poi proseguito su altri temi, ma mi è risuonato in testa per un po’. Esattamente come fa da tempo una frase che ho letto sulla lavagna della palestra di Yoga:
Non è come pensi, è come senti.
Quella frase serviva a spiegare ai praticanti che nessuna posizione è impossibile, e che l’unico limite che crediamo di avere è definito dal cervello, non dal corpo. Il quale in realtà può spingersi molto oltre. Ma se pensi che una posizione sia impossibile da realizzare, se pensi che tu non sarei mai in grado di riuscirci, non ci riuscirai mai. D’altra parte, dove trovare le motivazioni per superare i presunti limiti che ci poniamo se non siamo convinti di essere in grado di andare oltre?
Perché no?
“Perché no” è un’obiezione da ragazzi. Nessuno di noi, da ragazzo, era disposto ad accettare i no degli adulti. Perché non ne vedevamo il motivo. Perché non posso fumare come lo zio? Perché non posso tornare a casa dopo le 11:30 come i miei amici? Ma soprattutto, perché diamine dovrei mangiare l’insalata che fa schifo?!?!? Mica sono un bruco o una mucca!
Anni fa ho intervistato Greg Horowitt, il teorico della rainforest, secondo cui la differenza fra i giovani imprenditori americani e quelli italiani è che i primi rispondono Perché no? quando gli viene detto che una cosa non è fattibile, e si impegnano per dimostrare che invece lo è, mentre i nostri accettano senza fiatare. Io ho un mindset americano: se mi dicono che non si può fare, mi ci metto con più voglia. Ahimè, a volte faccio male.
Quello che ci limita
Tutti i limiti che abbiamo, anche quelli apparentemente “oggettivi”, risiedono nella nostra testa. O nel nostro cuore. In fondo, potrei sempre abbandonare la mia famiglia e i miei figli per andare a suonare in giro per il mondo. Perché no?
Molti dei miei lettori suppongo che non me lo consiglierebbero e se lo facessi ai loro occhi apparirei un mostro. Il punto è che ognuno di noi ha dei valori pre-definiti in base ai quali organizza tutto il resto.
A ben vedere, tutte quelle le cose che ci limitano, se prese una per una, non sono poi così limitanti. Persino il tempo: basta fare in fretta! Il punto è questo: le cose che ci limitano sono più importanti di quelle che vorremmo fare.
Adesso, certamente non voglio abbandonare i miei figli, ma ascoltando me stesso nelle scorse settimane ho sentito che avrei dovuto ricominciare a suonare. Non diventerò un musicista, ma magari fra dieci anni mi ritroverò a suonare in un jazz club di provincia con una piccola band e in fondo sarebbe sufficiente questo per realizzare un sogno in più. Ora, non conosco altri aspiranti musicisti con cui formare una band dove vivo ora, ma se non avessi ripreso a suonare questo sogno sarebbe rimasto chiuso in un cassetto. E siccome i sogni non son fatti per stare chiusi nei cassetti, ma per essere sognati e vissuti, tenerceli chiusi è stupido.
L’unica cosa che ti limita è quello che pensi. Quello che devi fare per rimuovere questi limiti è iniziare ad ascoltare te stesso.
Non è come pensi, è come senti.