Cosa vuoi fare da grande?

Siamo abituati a pensare che avere un piano per la propria vita sia una cosa da bimbi, perché quando eravamo piccoli tutti ci chiedevano cosa avremmo voluto diventare da grandi. E invece è una cosa da grandi, perché richiede consapevolezza, disciplina, capacità di analisi e retrospezione.

Una storia come tante

Io da piccolo volevo fare il giornalista, e poi questo è stato ciò che ho fatto per parecchio tempo. Solo che mi sono sbagliato paese per farlo come volevo da piccolo. Non è che avessi un piano, era che l’Uomo Ragno faceva il fotoreporter e Superman il giornalista. Se non avessi fatto il giornalista avrei fatto il fotografo, perché io preferivo l’Uomo Ragno, ma quando sei piccino qualcosa per scrivere ce l’hai sempre a portata di mano, e in casa di mio nonno c’era pure una macchina per scrivere, mentre una macchina fotografica quando ero bambino io era una cosa per i più grandi.

Dopo la maturità sono andato per tre settimane a girovagare per la Spagna con degli amici. Al ritorno, i miei genitori sono venuti a prendermi all’aeroporto, e lungo il tragitto verso casa mia madre mi ha domandato: “Hai scelto che università vuoi frequentare?”. “Mi piace scrivere, amo il calcio, farò il giornalista sportivo”, le ho risposto. E ho scelto Lettere con indirizzo in Comunicazione, perché allora non c’erano corsi di giornalismo.

Ho realizzato anche questo piano. Salvo rendermi conto poi che le partite mi piacevano di più in curva che in tribuna stampa.

Un piano per diventare grandi

Da piccoli sogniamo, scegliamo senza prendere in considerazione i trade off della vita, ci chiediamo cosa vogliamo fare da grandi perché gli altri ce lo chiedono come se fossimo già pronti per farlo, e anzi magari alle volte ci assecondano pure pensando di fare il nostro bene. Alla fine però sono sempre i grandi che fanno i piani per noi, e noi al massimo ci ribelliamo.

Mi pare evidente che fare un piano sia una cosa da grandi. Dunque, se vuoi diventare grande hai bisogno di un piano.

Se vuoi diventare grande hai bisogno di un piano Click to Tweet

Mi sono reso conto di non avere un piano per la mia vita quando non riuscivo più a fare quello che più mi piace: scrivere. Cioè, a dirti la verità, non è che mi sia reso conto di non avere un piano. Perché che dovessi avere un piano manco lo sapevo.

Che poi, cosa significa avere un piano?

Cos’è un piano di vita e perché ci serve

Tutti hanno un piano per noi. Ce l’avevano i nostri nonni e i nostri genitori quando eravamo piccoli. La maestra delle elementari aveva anche predetto quello che avremmo fatto da grandi. Allo stesso modo, l’allenatore sapeva già che tipo di carriera avremmo fatto e la società sportiva in cui abbiamo militato ha deciso del nostro futuro sportivo senza consultarci. Il maestro di musica faceva di certo differenze fra il futuro concertista e quello che andava a suonare solo perché glielo imponevano i genitori. E la cosa si è ripetuta per ogni singolo corso che abbiamo frequentato.

Al centro di tutto ci sono state sempre le nostre passioni. Siamo cresciuti quando abbiamo coltivato le nostre passioni, e siamo diventati grandi in quella che più delle altre abbiamo coltivato con disciplina.

Io ne avevo diverse, di passioni, come un po’ tutti: calcio, musica, fotografia, informatica e scrittura. Quello che sono oggi è un insieme di tutte queste passioni, ma quella che ho coltivato di più è stata senz’altro la scrittura, nelle sue diverse forme, ed è quella che più di tutte mi ha dato il pane. Poi un giorno, a 38 anni, mi sono reso conto che non lo stava più facendo.

Avevo sviluppato alcune competenze collaterali che per avidità avevo coltivato più della scrittura, perché a fare il giornalista o lo scrittore si campa a fatica – a meno che non entri in una redazione dove smetti di scrivere per iniziare a lavorare 1.

Piano piano avevo ridotto il tempo per scrivere. Scrivevo poco sul mio vecchio blog e ci scrivevo per posizionarmi in quel settore che mi permetteva di fare più soldi. Non collaboravo più con i giornali. Una mattina, mentre cercavo di scrivere un articolo in ufficio prima che arrivassero i colleghi, mi sono accorto che non avevo più un piano, e mi è venuto in mente il mio professore di Italiano 2 Claudio Scarpati che incontrandomi nell’anticamera del suo collega di giornalismo mi chiese che avrei fatto dopo la laurea, correggendomi per la mia caponaggine di voler fare a tutti i costi il giornalista: “Lei deve fare lo scrittore”. Vedi, porcaccia la miseria, anche lui aveva un piano per me!

Lui, che era già anzianotto e ne aveva vista di gente come me rovinarsi il fegato col giornalismo, sapeva già che fine avrei fatto. Quella mattina mi è parso che non avesse tutti i torti. A quel punto ho fatto il mio piano per diventare uno scrittore. Che poi era facile: dovevo solo scrivere!

L’insieme delle passioni

Per definire un piano devi identificare quello spazio dove si intersecano gli insiemi delle tue passioni, delle tue competenze e delle esigenze degli altri. Lì c’è la ciccia. Lì c’è quello che puoi fare divertendoti e facendoci i soldi. Non tanti magari, anzi probabilmente non sufficienti a camparci, ma se ti ci dedichi con disciplina prima o poi ce la puoi fare.

Non c’è altra strada. Se vuoi riuscirci devi eliminare alcune parole dal tuo vocabolario, come per esempio “provarci”. Puoi farlo e non riuscirci, ma provarci non significa farlo.

La chiave del sogno

Nel mio primo ebook, “Sognare per vivere” – pessimo titolo, concordo – ho raccontato come si fa un piano in maniera molto semplice. Come si supera la paura di provarci e come si arriva a costruire un piano. A grandi linee. Perché più tempo perdi a fare il piano, meno tempo ti rimane per realizzarlo.

Un piano va imbastito, eseguito, modificato, eseguito, modificato, e così via fino a che non ti riesce.

Il piano di vita

In “Living Forward” Michael Hyatt delinea un preciso percorso da seguire per costruire il proprio piano. All’inizio trovavo che fosse molto complicato metterlo in pratica, ma dopo aver costruito il percorso che è diventato La sfida di vivere intenzionalmente mi sono ricreduto. È che ci devi arrivare preparato, a fare un piano. E te lo devi costruire nel tempo, guardandoti dentro e dietro, prima di metterlo nero su bianco.

Ma non ho tempo….

Ogni volta che dici “non ho tempo” ti prendi in giro da solo. Quello per cui non hai tempo non è mai importante, anche se stai pensando a quella cosa per cui non trovi il tempo e invece dici sia importante. Caro mio, non sono le parole che definiscono la realtà, ma il contrario!

Sempre Hyatt suggerisce tre modi per trovare il tempo per fare il piano di vita: gestire il proprio calendario prima che lo facciano gli altri, definire le priorità e imparare a dire di no.

La mancanza di tempo è uno dei problemi per cui mi scrivono spesso i lettori di questo blog. Tutti però abbiamo lo stesso tempo, e tutti abbiamo difficoltà nel gestirlo. Per questo ho dedicato ampia parte della Sfida di vivere intenzionalmente a come ritagliare del tempo per noi e gestirlo in favore della realizzazione delle nostre intenzioni. Anche senza un piano, infatti, tutti abbiamo intenzioni di vita, e il casino sta nel “trovare” il tempo e i modi per concretizzarle, che è poi lo scopo di questo mio progetto di scrittura.


  1. Ci sono delle eccezioni, ma essere un’eccezione è, per definizione, un’eccezione.