Il cubo
Da qualche mese c’è sulla mia scrivania un piccolo cubo da cui dipende la mia capacità di attenzione. È un piccolo timer che nelle mie intenzioni avrebbe dovuto essere un timer da cucina per applicare la Tecnica Pomodoro, ma poi ho visto quello su Amazon, mi è piaciuto e l’ho preso. Quello che mi aveva colpito era il design, ma dopo averlo avuto per le mani mi ha un po’ deluso. Capito poi che una volta impostato, avrebbe funzionato in automatico, e sopraffatto dalla mia pigrizia, ho deciso di tenerlo. Così è divenuto il mio amuleto contro l’apatia indotta dalla Covid.
Benché lavori abitualmente da casa due o tre giorni alla settimana, durante questi mesi di clausura le cose sono state complicate da diversi fattori: i bimbi sempre presenti; il divieto di svolgere attività fisica all’aperto; l’impossibilità di affidare i bambini alla babysitter; e tanti altri piccoli cambiamenti che hanno stravolto la mia vita come quella di tante altre persone. Anche quando finalmente me ne stavo lì davanti al computer per lavorare, qualcosa nella testa non funzionava.
In genere lavoro sempre con la Pomodoro, che in poche parole prevede lavoro intenso per 25 minuti seguiti da 5 minuti di pausa (15 ogni 4 pomodori), ma con l’arrivo della Covid l’avevo un po’ messa da parte. Quando ho deciso di reagire (perché se non reagisci l’apatia ti annichilisce) ho ricominciato da quella. E dal cubo che volevo rendere, ma avevo tenuto per pigrizia. Quello sta lì, davanti a te, spento. Lo giri ed emette un suono, iniziando poi a lampeggiare. Un lampeggio al secondo, per scandire il tempo che passa. All’inizio cercavo un classico timer da cucina, meglio ancora a forma di pomodoro, e che ticchettasse per scandire meglio il trascorrere del tempo. Poi però, considerando che ascolto spesso musica quando lavoro, mi sono reso conto che il ticchettio non era fondamentale. Compiuti i 25 minuti della mia sessione, un altro suono mi avverte che ho diritto a cinque minuti di pausa. Allungare la mano per capovolgere il cubo, così che smetta di suonare, ha un non so che di gratificante.
Il cubo che scandisce il trascorrere del tempo mette un po’ di angoscia, da un lato, ma dall’altro mi stimola a mantenere la concentrazione su quello a cui sto lavorando, sul mio qui e ora. La mia giornata di lavoro ideale prevede 12 sessioni. Non ci riesco quasi mai, ma se non metto in azione il cubo tutto rimane un po’ come sospeso e indugiare nelle distrazioni diventa lecito. E una giornata con 5 o 6 sessioni di Pomodoro è garantito che mi avvicini ai miei obiettivi.
Uno degli aspetti chiave della Pomodoro è insegnarci a identificare quello che possiamo realizzare in una sessione di lavoro e quante sessioni siano necessarie per un progetto. Il cubo ha l’effetto di responsabilizzarmi nello svolgere le azioni necessarie a raggiungere i miei obiettivi. Lo considero un dono della Disciplina, quella dea che ho imparato a venerare perché è l’unica che ti tiene a galla quando non ce la fai più. Quando giro il cubo per avviare una sessione, immediatamente la mia mente entra in modalità focus.