Giornale di bordo
Oggi non c’è molto da leggere, per due motivi:
- Ho deciso di prendermi qualche giorno di break con la mia famiglia.
- Voglio provare una cosa nuova.
L’articolo di questa settimana ce l’ho tutto in testa, ed è parzialmente appuntato nella mappa mentale che sempre realizzo prima di scrivere un testo. È dedicato al journaling, che dovrei tradurre con tenere un diario, ma, guarda, c’entra davvero poco. Il punto è che se ti dicessi che scrivere un diario è un life hack di impareggiabile valore, a meno che tu non ci abbia mai provato, non mi prenderesti sul serio. E, dunque, parliamo di journaling, che in effetti è un’altra cosa.
Il journaling è collegato al journal (giornale) e al journalism (giornalismo). È una raccolta di fatti, esperienze e riflessioni mantenuta su base regolare. Volendo usare l’italiano, sarebbe da tradurre con giornale di bordo. Questo, il diario di bordo, come più spesso lo si chiama, nasce come uno strumento per condividere le scoperte e le avventure che gli esploratori conducevano nelle proprie missioni. All’epoca non c’erano i social, ma comunque sono sicuro che gli esploratori non avrebbero rinunciato al proprio giornale. Perché li aiutava a prendere appunti sul loro viaggio, a riflettere e connettere i puntini, a pianificare nuove imprese… Mica le fai con i social queste cose, no?
Torniamo a noi. Prima di scriverlo, questo articolo – o magari un breve ebook – mi piacerebbe raccogliere le opinioni tue e di altri. Tu lo tieni un diario di bordo? Vorrei chiederti di raccontarmi la tua esperienza.
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