Come trovare soluzioni ai problemi di tutti i giorni

Perché poniamo a nostra moglie questioni che siamo in grado di risolverci da soli? Chiediamo al collega informazioni che si trovano anche nella nostra email o su Google? Attendiamo il brief del cliente o del nostro responsabile prima di agire? Perché siamo pigri. Abituati a essere pigri. Quando uno se ne rende conto, però, può invertire la tendenza.

Che siamo pigri è assodato, ma quanto siamo pigri? E perché? E come evitare di esserlo? Ci ho ragionato su e sono giunto alla conclusione che per invertire la tendenza è sufficiente adottare l’abitudine di arrangiarsi.

Un passo indietro

Un po’ è colpa nostra e un po’ no. La società della distrazione ci martella fino allo stordimento con stimoli di ogni tipo e per natura, come dimostra l’esperimento della fotocopiatrice condotto nel 1978 da Ellen Langer, Arthur Blank, e Benzion Chanowitz, siamo tutti inclini a fare quello che ci viene chiesto, almeno fino a quando la richiesta è piccola, limitata e ci viene fornita una qualsiasi motivazione (anche priva di senso).

È quello che ci capita quando siamo in coda al supermercato e qualcuno ci chiede di passare avanti per pagare una o due cose. Siamo tutti in coda per pagare, per quale motivo dovrebbe passarci avanti? Eppure, tendiamo a rispondere di sì senza starci a pensare. Rispondere di sì a tutte queste piccole richieste ci abitua ad accettare quello che ci viene proposto e a rispondere sempre di sì all’ultimo stimolo ricevuto. La conseguenza principale di questo atteggiamento è che ci ritroviamo col rispondere a qualunque urgenza mettendo da parte le cose importanti. Per evitarlo occorre rallentare e ragionare sulle azioni da compiere anziché rispondere agli stimoli ricevuti.

Un altro passo indietro

Una volta imparato a creare del tempo per pensare, è utile ricordarci come funziona la matrice di Eisenhower e secondo quale criterio dovremmo eseguire le attività nella nostra agenda:

  1. Importanti e urgenti: ovvero, pianificate e da fare assolutamente
  2. Importanti, ovvero, da pianificare per produrre del valore
  3. Urgenti e non importanti:da delegare, o al massimo da fare se avanza tempo
  4. Non importanti e non urgenti: da cancellare.

L’antidoto

Questa è una delle cose che ho imparato dal team di InnovAction Lab (un corso per fare startup in cui venivi posto su un campo di rugby con un centinaio di persone e tre mesi dopo devi presentare una startup a degli investitori per raccogliere un investimento) e dal fondatore di un fondo di venture capital. Ci ho messo un po’ a capirlo, e lo spunto me l’ha fornito un post di uno startupper che raccontava la propria esperienza con un investitore che non rispondeva mai alle sue email (purtroppo ho perso il link).

Prendere atto che una persona non risponde alle tue email, quando pensi che esse siano importanti e sei convinto che ti debbano rispondere, è frustrante. Perché diavolo non lo fanno? Ci sono diversi motivi, ma nessuno di questi è importante. È importante quello che ne consegue. Perché a quel punto abbiamo solo due possibilità:

  • riprovarci
  • arrangiarci.

La prima è una strada inutile da percorrere, perché il più delle volte ci riporta allo stesso bivio. Quindi, prima o poi tocca inerpicarsi per la seconda. Ancora una volta, abbiamo due opzioni:

  • agire di testa nostra
  • agire secondo le indicazioni che immaginiamo ci verrebbero fornite via email.

Nel processo abbiamo perso tempo e basta. Tanto vale procedere con l’ultima opzione e scrivere un’email giusto per informare il nostro interlocutore della strada che abbiamo intrapreso. Così, se non condivide, ce lo fa sapere, e diversamente possiamo obiettare che era stato informato e non ha avuto nulla da eccepire.

Il mio esperimento

Qualche anno fa ho iniziato ad applicare questo tipo di approccio a ogni attività. Non sono ancora riuscito a implementarlo in tutti gli ambiti della mia vita, ma piano piano ci sto riuscendo. Questo richiede un approccio mindful alle magagne di tutti i giorni.

Convinto che potesse funzionare anche per gli altri, ho deciso di sperimentare questo approccio nel mio ruolo di responsabile di un team. Così l’ho messo in pratica nella gestione di una risorsa che avevo appena assunto. Non le ho mai detto come svolgere i compiti che le assegnavo, ma ogni volta che mi ha chiesto indicazioni le ho risposto di ragionarci e arrangiarsi. Correggendola poi tutte le volte che non agiva come avrei voluto.

All’inizio, la fanciulla brancolava nel buio. Poi è andata in crisi, perché non riusciva mai a fare quello che le chiedevo. Piano piano, ha iniziato a reagire, informandomi su come aveva scelto di procedere prima di procedere. Nel giro di due mesi, ha iniziato ad agire prima e informarmi poi. C’era ancora qualcosa da correggere, ma il risultato era già accettabile. Alla fine del terzo mese, si presentava alle nostre riunioni che aveva già compiuto un passo in avanti rispetto all’attività che aveva in carico e pianificato le azioni successive. Quasi sempre nella maniera che avrei voluto io, e finalmente il mio intervento le consentiva di ottimizzare i risultati ottenuti.

Come iniettarsi l’antidoto

Fare un passo indietro, rallentare e riflettere sulle azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati, cercando di ragionare come farebbe la persona da cui attendiamo indicazioni circa la strada da seguire, è l’unico modo di procedere per risolvere il problema che tutti abbiamo con la pigrizia.

La maniera più interessante di adottare questo approccio nella vita di tutti i giorni è applicarlo su stessi. Vale a dire, quando il responsabile delle nostre azioni siamo noi. O meglio, quel Se Stessi con cui tutti abbiamo difficoltà nel confrontarci. E cioè, ogni qualvolta ci si pone un problema, prendere carta e penna e scrivere le indicazioni per risolvere il problema nel modo in cui noi stessi vorremmo che fosse risolto. Sembra incredibile, ma funziona.