Attenzione

C’è una sola cosa che ci impedisce di cambiare, realizzare quel sogno sepolto sotto le cose che abbiamo chiuso nel cassetto del comodino, e avere successo in quello che facciamo, e si chiama attenzione. Non sono i soldi (quelli si possono guadagnare), non sono le competenze (che si possono acquisire), non è il tempo (uguale per tutti). Eppure ogni volta che discuto con qualcuno di quello che gli piacerebbe fare gli vedo accampare una di queste scuse. Anche quando quel qualcuno si chiama Silvio Gulizia.

La vita è quello a cui prestiamo attenzione. Il problema di questa frase è il verbo, che è sbagliato. In inglese si dice pay attention to, pagare attenzione a, e fa un’enorme differenza. L’attenzione non la presti, perché quando l’hai data a qualcuno o qualcosa non è mica che poi ti viene restituita. Ci puoi comprare delle cose, con l’attenzione, e a differenza del tempo ci puoi persino comprare l’attenzione. Stare attenti a stare attenti ci permette infatti di essere attenti. È quello che si fa nella meditazione. Possiamo dire porre attenzione, anche se in alcuni casi questo risulta ostico. Pagare attenzione ci suonerebbe un po’ strano, ma sarebbe più corretto.

Siamo quello a cui poniamo attenzione

Vediamo l’aspetto pratico. Sei a pranzo con la tua famiglia. Dove si trova il tuo smartphone? Arriva un messaggio, una notifica, o una chiamata, cosa fai? Tiri fuori il telefono perché ce l’hai in tasca, ti alzi e vai a cercarlo perché ti sei dimenticato di portarlo con te, fai finta di niente e resti seduto a tavola, lo prendi per vedere chi è e poi metti giù o meno in base al nome visualizzato sullo schermo, oppure non lo senti neppure squillare perché hai tolto la suoneria prima di sederti a tavola?

La tua risposta dice molto su quello a cui in quel momento stai ponendo attenzione. E non solo. Dice molto anche su quello che sei, in quel momento lì e non solo.

Differenza fra porre attenzione e spendere del tempo

Come abbiamo visto, il semplice fatto di spendere del tempo in una cosa non significa che tu ci stia ponendo davvero attenzione. Quando mediti, devi stare attento al tuo respiro, al tuo mantra, o qualsiasi altra cosa a seconda del tipo di meditazione che stai conducendo. Eppure, ti distrai. Continui a respirare, ripetere il tuo mantra, seguire il processo di meditazione che hai scelto e però stai pensando ad altro.

Lo fai anche quando guidi, parli al telefono, o lavori. Lo facciamo in media per la il 46,9 per cento del tempo che siamo svegli, secondo una ricerca pubblicata dall’Università di Harvard nel 2010. Lo studio mette anche in correlazione questa abilità1 con l’umore dei soggetti coinvolti, finendo con l’affermare che una mente che divaga è una mente infelice. Non a caso, molti filosofi e religioni sostengono che la felicità si trovi nel qui e ora. E la costante crescita di interesse attorno alla meditazione e alla mindfulness è forse correlata a un sempre più diffuso riconoscimento di questo fenomeno e alla diffusione degli smartphone, il principale strumento di distrazione di massa della società moderna.

Controllare l’attenzione

Tante volte spendiamo il nostro tempo in cose a cui non stiamo attenti, ed è per questo motivo che tracciare il tempo risulta complicato. Prova a rispondere a queste due domande:

  • In che modo hai speso il tuo tempo ieri, ovvero le tue ultime 24 ore?
  • A cosa hai posto attenzione ieri, ovvero nelle ultime 24 ore?

Ci sono degli insight notevoli nelle tue risposte. Fermati un secondo a cercarle. Prova a farlo regolarmente durante la giornata.

Se dunque siamo quello a cui poniamo attenzione, porre attenzione a quello a cui poniamo attenzione e a come questo ci faccia sentire è il più potente strumento di introspezione e cambiamento a nostra disposizione.

  1. Tecnicamente, la capacità di pensare ad altro mentre stiamo facendo una cosa è una caratteristica che ci distingue dagli animali, e dunque frutto dell’evoluzione.