Al suo passo
Ogni volta che cammino insieme a mia figlia adatto la mia andatura al suo passo. Non è stato immediato: è una cosa che ho imparato leggendo Il metodo Montessori. Per crescer tuo figlio da 0 a 3 anni e aiutarlo a essere se stesso. È questione di logica: se forzo lei ad andare al mio passo, lei si affatica, rimane indietro, e presto mi chiede di essere presa in braccio. Il risultato è che la mia passeggiata è rovinata, e nella sua mente passeggiare con il papà diventa una cosa faticosa e brutta da fare.
La prima volta che ho riflettuto su questa cosa, mi è parso di trovare un valore più profondo in questa lezione. Ho provato a elaborarlo un po’, e ne ho dedotto che potevo applicare questo principio anche su di me.
“A che ritmo stai camminando?” Me lo sono chiesto guardandomi allo specchio. “Al mio”, è stata la risposta. Ma era una balla.
Il guaio è questo: che nella nostra vita spesso finiscono con l’avere più voce in capitolo le altre persone che noi stessi. Questo perché gli altri in un certo senso — se ci parlano — siamo costretti ad ascoltarli. Noi, per parlarci, dobbiamo costringerci ad ascoltarci, perché se no non lo facciamo mai.
Quando la vita ci parla…
Ascoltare la nostra vita significa notare se la sua andatura è la stessa che stiamo tenendo noi. Se mangiamo il giusto per soddisfare le esigenze del nostro corpo, o lo costringiamo a stoccare cibo extra in rotoli di ciccia; se dormiamo a sufficienza per consentire al nostro corpo di ricaricarsi e al nostro cervello di non storpiare il senso delle cose; se coltiviamo le nostre passioni o ci limitiamo a esaudire i desideri dal capo, dalla moglie o dalla TV.
Quando abbiamo un dolore nel nostro corpo, è evidente che esso sta richiedendo la nostra attenzione e il nostro intervento.
Quando siamo tristi dopo un litigio con la nostra metà, è il nostro cuore che ci sta dando dei cretini perché consumiamo il poco tempo a nostra disposizione in discussioni che non portano da nessuna parte; che prima facciamo pace meglio è per tutti; che solo riappacificandoci troveremo una soluzione alla stupidaggine che ci ha fatto deragliare. Oppure è già finita.
Quando siamo insoddisfatti della nostra vita lavorativa, è il nostro inconscio che ci sta invitando a ragionare su come cambiare le cose, fare un piano ed eseguirlo.
Un paio di domande in più
Questa riflessione mi ha portato ad aggiungere due domande a quelle a cui cerco di rispondere ogni giorno attraverso il mio diario:
- Cosa c’è che non va?
- Come possiamo risolvere il problema?
Rispondere a queste domanda mi aiuta a individuare le magagne della mia vita e mi impegna a risolverle.
Per esse ho pensato un momento speciale della settimana: il lunedì mattina. Prima di iniziare la settimana, faccio così il punto su quello che non va e come posso agire per raddrizzare le cose. E poi ho tutta la settimana davanti per intervenire.